È ancora viva la terribile visione dei Budda di Bamyan distrutti con la dinamite dai Talebani Afgani nel 2001. In questi giorni del 2020 ci scuotono le immagini di statue decapitate, abbattute o buttate in acqua da una febbre iconoclastica in America e in Europa, e fa impressione, nelle università, la rimozione dei quadri di uomini illustri. Sono vittime Jefferson Davis e Cristoforo Colombo, Edward Calston e Wiston Churchill, Leopoldo II del Belgio... In Italia sono contestati Indro Montanelli e Vittorio Emanuele II, Carlo Felice e Giuseppe Garibaldi, Gabriele D'Annunzio... In Gran Bretagna sono additati più di 50 obbiettivi.
Lo scorso 25 maggio a Minneapolis, il poliziotto Chauvin si è inginocchiato sul collo dell'afro-americano George Floyd, disarmato e ammanettato, sostandovi per 8 minuti e 46 secondi, gongolando con le mani in tasca fino a soffocarlo: Non posso respirare!
È legittimo reclamare giustizia, anche da parte di molti cittadini bianchi, e reagire alla violenza e al disprezzo; è ragionevole esigere di cambiare norme, sistemi e mentalità. La situazione non è facile, specie dopo anni di concezioni razziste e schiaviste praticate e ancora dominanti. Si rilegge la storia con l'emozione che prevale, con la ragione che balbetta. È davvero possibile stravolgere in positivo il tanto negativo che s'impone con una rapida sommossa, come pensano di fare i manifestanti antirazzisti del Black lives matter, Le vite dei neri contano?
Viene alla mente un esempio di civiltà e saggezza dato dai Toscani a Pietrasanta. In piazza del Duomo fu elevato un monumento al penultimo granduca Leopoldo II di Lorena, chiamato dal popolo Canapone per il biondo sbiadito della sua capigliatura e reso celebre da "Il re travicello", scherzo poetico di Giuseppe Giusti. L'opera è del pietrasantino Vincenzo Santini (1807-1876) che fra l'altro perse una gamba cadendo dal palco dove plasmava il modello della statua nello studio romano del carrarino Pietro Tenerani, allievo di Canova. La statua, marmo proveniente dalle cave del Monte Altissimo, fu inaugurata nel 1849. Il Granduca, benché uomo mite e amato dai suoi sudditi, giocò un brutto scherzo ai Toscani che non lo perdonarono, tanto che ancor oggi, in un lato del piedistallo si legge: L'assemblea toscana dichiara che la dinastia austro-lorenese, la quale nel 27 aprile 1859 abbandonava la Toscana senza ivi lasciar forma di governo e riparava nel campo nemico, si è resa assolutamente incompatibile con l'ordine e la felicità della Toscana. Dichiara che non vi è modo alcuno per cui tale dinastia possa ristabilirsi, e conservarsi senza oltraggio alla dignità del paese e senza offesa ai sentimenti delle popolazioni, senza costante inevitabile pericolo di vedere turbata incessantemente la pace pubblica, e senza danno d'Italia. Dichiara conseguentemente non potersi né richiamare né ricevere la dinastia austro-lorenese e regnare di nuovo sulla Toscana. Esempio ai popoli, ed ai regnanti.
Manrico Murzi