Dal passato di Elbareport emerge un vecchio articolo nel quale riassumevo la mia esperienza di archeologo prestato alla pianificazione urbanistica locale e regionale, nelle occasioni del Piano Particolareggiato per il Golfo di Baratti allora elaborato dal Comune di Piombino e del Percorso partecipativo con cui poi la comunità di Baratti espresse le sue molte perplessità in merito. La partecipazione alla redazione del Piano Paesaggistico della Toscana e all’Osservatorio regionale del Paesaggio sono due esperienze successive. Intendo riprendere questo argomento anche se non ebbe allora grande condivisione (né mi illudo che possa averla ora).
Pensavo allora, e lo penso tuttora, che una sorta di percorso partecipativo andrebbe fatto per la rada di Portoferraio, che ospita imponenti emergenze storiche, archeologiche, urbanistiche e architettoniche, la cui manomissione rappresenterebbe un danno mortale alla cultura, all’economia, alla vita dell’isola. Il confronto con i cittadini (elettori e non) può essere salutare per una Amministrazione. Basterebbe, magari, che un’Amministrazione sostituisse un’affermazione con una domanda. Invece di dire “in questo luogo faremo così e così” bisognerebbe avere l’accortezza di chiedere, nel caso specifico “come vorreste che fossero la darsena e la rada di Portoferraio?”. Sarebbe un atto originale e rivoluzionario. A volte gli amministrati devono essere considerati non come unità di voto ma come soggetti pensanti, risorse intellettuali che possono dare una mano anche in fase di progettazione del futuro.
Continuo anche a credere che serva, sempre più, una gestione condivisa del patrimonio culturale dell’isola. La cultura di una comunità è scenario unificante, non rispetta i confini amministrativi, dei quali non sa che fare, essendo questi delle convenzioni istituzionali recenti, utili a far funzionare i servizi.
Divisione è, per natura, inefficienza, disservizio, spreco. Con “ognun per sé”, “facciamo da soli” e simili amenità va in onda la rappresentazione del fallimento. La gestione del patrimonio culturale deve essere unitaria per sua natura. Già tanti problemi derivano da una concezione idealistica, elitaria e patrimoniale (quanto vale quel quadro?) del patrimonio culturale (la rendita). In altri paesi hanno da tempo introdotto il concetto di “Heritage” (eredità), ovvero la ricchezza che ci è data in temporaneo possesso dai genitori perché possiamo trasmetterla ai figli, possibilmente accresciuta e valorizzata e non una rendita da consumare più o meno lentamente. Il patrimonio culturale (e il paesaggio nel quale questo si inserisce) rappresenta la garanzia dei diritti e dei beni comuni, non la difesa del privilegio.
Scrivevo anche che all’Elba dobbiamo rendere comune l’azione dei Comuni, superare gli schieramenti, non la politica. L’errore, fatto a suo tempo, di non prendere il treno del Comune unico, è probabilmente irrimediabile (molto, in democrazia, è così) ma in quella direzione si andrà, presto o tardi.
Il terreno del patrimonio culturale è ancora il terreno ideale sul quale avviare una sperimentazione condivisa e collettiva. Ogni Comune ha una, dieci, cento emergenze ambientali e culturali. Sarebbe opportuno che i Comuni scegliessero un simbolo ciascuno, possibilmente al di fuori degli abitati: la villa delle Grotte, la villa romana del Cavo,Santa Caterina,Grassera, Monserrato,Madonna delle Grazie, San Michele, Castiglione di Marina di Campo,la Fortezza pisana, lo Scoglio della Paolina, il Cotone. Facciamo una lista dei costi vivi di gestione di questi luoghi e delle loro rispettive criticità (accessibilità, visibilità, conoscenza, diffusione) e costruiamo su questa prima compagine una progettualità, ripartendo oneri e onori, ottimizzando i rispettivi usi sociali di tutti questi beni comuni e le risorse, umane e tecnologiche, che le diverse amministrazioni hanno a disposizione, attraverso una convenzione unica. Questo può valere per i musei come per le aree aperte. E lo stesso si può dire per la comunicazione all’esterno dei luoghi con valenze culturali.
Era ed è un’idea semplice, forse anche troppo, ma la butto lì sperando di trovare qualcuno che la faccia propria. Poi torno a occuparmi della rada di Portoferraio.
Il testo originale del vecchio articolo lo trovate a questo link: http://www.elbareport.it/arte-cultura/item/11045-un-solo-ma-grande-patrimonio-culturale-quello-dell%E2%80%99elba?fbclid=IwAR0EJGORuYhg7w0RuPoHOLEc_yJFZWr3hH6HICgBznW-k8LPpkUnfQQ0XMc
Franco Cambi