Domenica concludendo il suo editoriale sul nuovo governo il direttore de Il Tirreno ha evidenziato che la Toscana ha una significativa rappresentanza il che può consentire alla nostra regione più raccordi con i Palazzi romani. Raccordi ovviamente da non intendere -va da sé- in senso clientelare. Io mi auguro e spero che ciò avvenga anche per le questioni ambientali sulle quali la nostra regione ha avuto storicamente un ruolo politico,istituzionale e culturale estremamente significativo che negli ultimi anni –come ci viene spesso criticamente rimproverato- appare aver perso non poco smalto.
L’occasione d’altronde non va neppure creata perché noi stiamo già discutendo la legge regionale –prossima a sbarcare in consiglio regionale- sul governo del territorio a cui si sta lavorando da fin troppo tempo con esiti assolutamente insoddisfacenti.
Una legge tanto più importante nel momento in cui si spera che con il nuovo governo e il nuovo parlamento riprenda finalmente un iniziativa nazionale che manca da anni. Anche in questo senso l’impegno toscano può risultare molto importante e stimolante come lo fu in altri momenti e stagioni tanto da diventare un riconosciuto e apprezzato ‘modello’ a cui molti fecero allora riferimento e che abbiamo poi perso per molti versi per strada.
Senza farla troppo lunga la vicenda risale al 2005 e alla legge 1 e al Piano di Indirizzo Territoriale ( PIT) e statuti del Piano Territoriale di Coordinamento delle province (PTC) e piano strutturale dei comuni con imposizione di vincolo paesaggistico in base alla legislazione statale. Le regioni nell’esercizio di questi vincoli devono conformarsi con tipici piani paesaggistici o attraverso piani urbanistici-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici i quali assurgono a valore primario a cui deve sottostare qualsiasi altro interesse interferente. Al Piano sta ora lavorando l’assessore Anna Marson sulla base dell’accordo stipulato tra regione e Ministero dei Beni culturali con i nuovi 20 ambiti paesaggistici che prendono il posto delle 32 schede del PIT finite giustamente nel cestino.
La vicenda come sappiamo si trascina da tempo e conferma come meglio non si potrebbe anche il ‘fallimento’ di quel nuovo titolo V della Costituzione che avrebbe dovuto dopo la crisi di qualsiasi politica di programmazione rilanciare finalmente quella ‘leale collaborazione istituzionale’ di cui si sono perse le tracce specialmente per il governo del territorio e le politiche ambientali. E’ recente il dato che meglio e più di ogni altro testimonia questa crisi e cioè il raddoppio dei ricorsi costituzionali delle regioni contro lo stato e delle stato contro le regioni di cui non si fatica a capire gli effetti paralizzanti e penalizzanti per tutti i livelli istituzionali che si rimpallano senza sosta le rispettive responsabilità. A fronte di questo scenario gli stessi studi condotti recentemente dalla regione con Facoltà di Architettura di Firenze d’intesa con le Università toscane hanno rilevato la necessità e urgenza di ricondurre gli ambiti territoriali di intervento non certo ai soli confini comunali. Parchi, aree protette, bacini idrografici configurano anche in Toscana una mappa -specie dopo la crisi delle province- ben più complessa che al momento stenta e tarda ad emergere dal dibattito tutto preso dalla controversia ben poco federalista tra regione e comuni.
Si può ripartire da qui e non soltanto nel raccordo con i palazzi romani.
Renzo Moschini - Gruppo di San Rossore