Sulla questione del contenimento dei suini selvatici e sulle "eccezioni" da prevedere per le stringenti norme anti-Covid si registra un intervento del consigliere regionale leghista Marco Landi che scrive:
“Le misure di contenimento del Covid hanno comportato anche la sospensione della caccia, compresa quella ai cinghiali. Parliamo di oltre 160mila esemplari che causano ogni anno, oltre a un centinaio di incidenti stradali, danni all’agricoltura per oltre un milione di euro. Danni che aumenteranno vertiginosamente se non si riaprirà al più presto la caccia agli ungulati”.
“Altre regioni, tra cui l’Emilia-Romagna e le Marche, hanno chiesto alle Prefetture dei capoluoghi un’interpretazione delle norme contenute dei DPCM, ottenendo una risposta inequivocabile: è consentito lo spostamento dei cacciatori dal territorio di un Comune a un altro, anche se appartenenti a Regioni diverse, per la prosecuzione dei piani di contenimento dei cinghiali. È pur vero – ricorda il consigliere leghista - che la Toscana è in zona rossa, e non arancione come le regioni confinanti, ma invitiamo l’assessore Saccardi a richiedere al prefetto di Firenze un’interpretazione della norma. La speranza è che, nel rispetto delle norme che prevedono ad esempio anche la trasmissione dei nominativi dei cacciatori partecipanti alla braccata, si possa riaprire da subito la caccia al cinghiale anche nella nostra regione”,
Sempre sullo stesso argomento, ma con intenti opposti circa la eventuale deroga dai dettati anti-epidemici (e spiegando anche quale sarebbe la "ratio" dell'indirizzo di altre regioni) si schierano una serie di associazioni animaliste che come riportato in un articolo pubblicato da Greenreport denunciano il per loro pretestuoso argomento della Peste Suina Africana (PSA) un virus non pericoloso per l’uomo ma che si diffonde tra i cinghiali selvatici e da questi può facilmente propagarsi agli allevamenti suinicoli (comunque assenti almeno sul territorio elban), sfruttando anche l’uomo come vettore.
Una scusa quindi per «Consentire la caccia ai cinghiali e quindi lo spostamento di migliaia di cacciatori sul territorio nazionale, in barba al rischio di diffusione del Coronavirus, questo sì, a differenza della Peste Suina, estremamente pericoloso per le persone. Eppure, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha già espresso una solida posizione scientifica circa le strategie di gestione dei cinghiali selvatici nelle diverse fasi di un’epidemia di PSA, precisando che è fondamentale impedire l’alimentazione artificiale dei cinghiali e le braccate, cose che sono invece del tutto legittime nel nostro Paese, seppur con qualche limite, difficilmente controllabile a causa della scarsità della vigilanza».
Enpa, Lac, Lav, Lipu e Wwf Italia segnalano poi «il grave problema del dilagare dell’attività venatoria anche nelle zone rosse e arancioni, nonostante i divieti e le prescrizioni imposte dal più recente DPCM e dal comune buon senso e responsabilità, in merito alle numerose, ed inaccettabili, deroghe per poter esercitare la caccia in ogni sua forma e senza limiti, compresa quella, particolarmente pericolosa per la diffusione del Covid-19, in forma collettiva come braccata e girata al cinghiale».
Ma della querelle si registra anche una eco parlamentare: iIl problema è stato sollevato in una interrogazione dalla senatrice di Liberi e Uguali Loredana De Petris, secondo la quale:
«... con il pretesto del controllo numerico del cinghiale, alcune Regioni, sollecitate dalle associazioni venatorie, che chiedono di poter sparare come se non vi fosse una emergenza sanitaria in corso, stanno interpellando i Prefetti al fine – in alcuni casi incredibilmente ottenuto – di autorizzare braccate e girate, che creano consistenti assembramenti di decine persone in luoghi remoti, non controllati, spesso con ultrasessantenni particolarmente “sensibili” ai contagi. Persone che torneranno a casa, in famiglia e tra gli amici, con elevato rischio di diffusione del
virus».
Le associazioni conservazionistiche specificano infine che:
«Braccata e girata sono forme di caccia e che quindi sono attività ludico ricreative non finalizzate di certo al controllo numerico, che fa parte della gestione faunistica, materia estranea alla caccia e su cui vi è l’art. 19 della legge 157 del 92 a definirne le modalità. E’ del tutto fuori luogo che le associazioni venatorie facciano pressioni per riprendere la caccia come se nulla stesse accadendo nel nostro Paese, dimostrando gravissima irresponsabilità in un momento dove gli italiani stanno compiendo sacrifici enormi, sia professionalmente, sia personalmente. Alle Regioni e ai Prefetti chiediamo il rispetto dei DPCM, dei cittadini e della comunità scientifica che ha già sottolineato la pericolosità di inutili assembramenti».
Riportando poi la questione in termini elbani c'è chi fa notare come Legambiente (che al contrario degli animalisti spinge per la totale eradicazione degli ungulati) che l'apporto fornito dalla caccia al controllo del numero di questi dannosissimi (per agricoltura, ambiente, persone) animali, sia stato negli anni poco più che risibile, e che anzi la caccia oltre che creare il problema lo abbia aggravato (ad esempio con le pasturazioni dei selvatici vietate dalle norme ma largamente praticate)
Gli interessi della collettività quindi - per gli ecologisti della più rappresentativa loro associazione - non potranno mai coincidere con quelli di chi i cinghiali (oltre averli scioccamente importati favorendone anche la abnorme proliferazione) non può certo puntare ad una loro radicale eliminazione come ormai la stragrande parte della popolazione (bipede) chiede.
In sostanza anche all'Elba la forzatura delle norme anti-covid proposta da Landi - affermano - sarebbe poco più di un pannicello caldo per il contenimento della specie e oltre a costituire una potenziale fonte di contagio, suonerebbe pure come una presa in giro a quei cittadini costretti a non derogare dalle norme, a non lavorare o comunque a patire restrizioni di ben più importanti diritti dello "jus sparacchiandi"