Per ora è una voce che circola, probabilmente fondata, ma (mi pare) ancora non sentita dal presidente incaricato Draghi.
Qualche breve considerazione.
1) Intanto è buono che la "scuola" sia ritenuto tema importante per il presente e il futuro del nostro Paese e non solo. Del resto, Draghi ha sempre sostenuto il ruolo della formazione e della scuola per lo sviluppo complessivo della società. Come, sicuramente negli ultimi tempi, ha richiamato la necessità di puntare sui giovani. Come queste intenzioni si tradurranno in proposte e azione di governo, lo vedremo.
2) Gli alunni hanno perso tempo scolastico a causa dell'emergenza sanitaria? Ci possono essere, secondo me, diverse risposte a seconda del punto di osservazione.
La didattica a distanza (totale o parziale) può essere considerata non-scuola in senso tradizionale. Con questa nuova modalità non si può dire che insegnanti e alunni non siano stati impegnati. Lo sono stati con le dinamiche di partecipazione dettate più o meno dalle stesse motivazioni che si avevano in precedenza. Certo, con l'aggravante delle condizioni socio-familiari e tecniche.
Parlare della didattica a distanza come tempo perso è ingeneroso nei confronti degli alunni, dei docenti e, anche, dei genitori che - sebbene a fatica, è ovvio - sono riusciti a supportare i figli, specialmente i più piccoli. Sono stati offerti contenuti e verificati gli apprendimenti, nel quadro della didattica per competenze (che ha liberato dall'asservimento al "programma da finire").
Detto questo, è vero che si è perso qualcosa (non il tempo). E cosa si è perso?
Si è persa "la parte più importante della vita scolastica" che "non ha nulla a che fare con l'apprendimento dei contenuti disciplinari". Seguo S. De Marchi che, su "Scuola e Formazione" di dicembre scorso, richiama il rapporto del 2008 del Teacher Leaders Network, comunità virtuale di insegnanti e dirigenti. Senza nulla togliere ai contenuti disciplinari, garantiti, a scuola si sviluppano specialmente le competenze non cognitive (relazioni con i coetanei, personalizzazione nel confronto con gli altri, difesa argomentata delle proprie opinioni, lavoro di gruppo, responsabilità e comportamenti adeguati al contesto e al rispetto, ascolto e comunicazione delle emozioni, e altro ancora nel quadro delle soft skills). E queste cose sono possibili in presenza.
"Si dovrà" recuperare tempo scuola? Ancora non si sa. Se così dovesse essere (ma ho perplessità, anche per i tempi e le modalità di attuazione), si potrebbe ripartire da qui. Allora, nel concreto contesto (con le regole di distanziamento, per esempio), si dovrà evitare tutto ciò che possa portare ad un'accettazione passiva e rassegnata del prolungamento. Invece, dare spazio all'incontro, al confronto, alla creatività. Con una progettualità condivisa anche dalle realtà del territorio già impegnate nell'educazione (associazioni, istituzioni culturali). Sarebbe un tempo di apprendimento attraverso attività coinvolgenti (arte, sport, giochi di dinamica di gruppo, cura delle persone e del verde, ecc), soprattutto al di fuori degli edifici scolastici, sfruttando le tante opportunità, come le testimonianze storico-culturali, gli ambienti sportivi, i musei, i teatri. Come il paesaggio, come il nostro mare, dove, in un giugno probabilmente caldo, nuotare, veleggiare (forse per la prima volta), muoversi a ritmo di musica.
Nunzio Marotti