Recentemente il parlamento tornò ad occuparsi delle Province che da quando non sono più elettive contano quanto il 2 di briscola. Tanto è vero che qualcuno sembra propose di abrogarle e chiudere così la partita. Altri più ragionevolmente ritennero fosse necessario anche in vista del rinnovo di oltre 1000 comuni entro l’anno rimettere mano alla questione essendo ormai chiaro che la decisione adottata a suo tempo fu poco responsabile (io a nome dell’UPI mi opposi nel partito e con la Rodano presidente della Provincia di Roma andando anche dal Presidente della Repubblica a chiedere che ci sostenesse) di cui hanno pagato il conto soprattutto i comuni ai quali è venuto a mancare quel concreto e indispensabile sostegno nel raccordare l’attività dei singoli enti.
Chi come me ha fatto il presidente della provincia sa bene che il suo impegno prevalente dovette allora dedicarlo a iniziative che riguardarono l’area del cuoio, della val di Cecina, della Versilia, di Larderello etc. insomma aree che richiedevano interventi e gestioni pianificate.
Insomma anche le risorse disponibili della provincia come dei comuni venivano utilizzate concordemente. Di tutto questo si sono perse anche le tracce.
Al riguardo consiglio a chi vuol raccapezzarsi su un argomento dove abbiamo fatto errori gravi e preso solenni cantonate, di consultare "Tra il dire e il fare NOTIZIARIO DELL’ARCHIVIO OSVALDO PIACENTINI". Vi troverà anche negli anni nei quali sulle province era calata la tela politico istituzionale non pochi contributi e non soltanto miei a conferma che non tutti si erano dimenticati del problema che ora torna in ballo. E noi dobbiamo balla e non ripetere gli errori del passato.
Renzo Moschini