Non c’è fine al tormento della gente dell’Afghanistan e di Haiti. Entrambe le nazioni, disperatamente povere e tormentate dalla violenza, sperimentando brevi barlumi di speranza negli ultimi decenni, quando gli aiuti ed i muscoli stranieri arrivarono con la speranza di pace e ricostruzione. Ma l’agonia di ciascuna si è intensificata questo fine settimana. L’Afganistan è di nuovo sotto lo stivale talebano, poiché la disavventura durata 20 anni dell’America si conclude con un’uscita precipitosa. Haiti, colpita da un altro terremoto omicida e ancora scossa dall’assassinio del suo presidente, non sembra essere meglio attrezzata per salvarsi come nel 2010.
A cosa serviva? I talebani sono tornati a Kabul. Gli afgani stanno di nuovo scivolando in una nuova era oscura e nella repressione e persecuzione delle donne. Gli Stati Uniti stanno battendo in una ritirata umiliante, diventando l’ultima superpotenza mortificata nel cimitero dell’impero dell’Asia centrale. La conseguenza più immediata della guerra lampo della milizia talebana in tutto l’Afganistan è un disastro politico per il presidente Biden che ha ordinato alle truppe americane di lasciare il paese, senza riuscire ad orchestrare un ritiro ordinato. I pessimisti hanno avvertito da un po’ di tempo di un ritiro in elicottero stile Saigon dell’ambasciata degli Stati Uniti. Ma la maggior parte non pensava davvero che potesse succedere fino a domenica. Ora sembra quasi impossibile che gli Stati Uniti riescano a estrarre tutti gli afgani che hanno agito come traduttori, faccendieri e in altri ruoli per le sue forze armate nell’arco di 20 anni – e che affrontano un terribile destino se vengono lasciati indietro. La fuga dell’ex presidente e delle truppe afgane, come neve sciolte al sole, armate ed addestrate con i miliardi di dollari statunitensi e degli alleati, hanno smascherato il mito di Washington che aveva promesso di credere nel successo nel paese. Ironicamente, questi fallimenti sono serviti a dimostrare la logica di Biden, che nessuna quantità di sangue e denaro potrebbe mai rendere l’Afganistan una nazione unificata e funzionante, almeno come sognato dai pianificatori di politica estera americani. Come l’Iraq e la Libia, l’Afganistan ha imparato che nell’era moderna, lo zelo dell’America per entrare in guerra è superato solo dalla fretta di uscire, non importa il casino che viene lasciato alle spalle. La reputazione globale dell’America è nel frattempo in frantumazione. Il presidente Biden che ha appena girato l’Europa promettendo: America is Back, dopo il veleno degli anni di Trump, presiede una sconfitta umiliante. Le promesse di lottare per la democrazia globale sono ora intaccate dal suo stesso abbandono di un governo democratico a Kabul. Non è tutta colpa del presidente americano. Sta solo portando la croce per l’uscita disordinata. La domanda: a che cosa serviva tutto questo e la migliore risposta con un'altra domanda: l’intervento degli Stati Uniti sarebbe mai finito in un altro modo?
Enzo Sossi