La sezione Arcipelago Toscano di Italia Nostra continua a comunicare all’opinione pubblica le criticità tecniche e giuridiche che presenta il progetto del dissalatore.
Confidando sull’attuale situazione di stallo, conseguente al ricorso da parte di una ditta partecipante alla gara d’appalto, in questa sede, grazie anche al contributo informativo della Fondazione Univerde, cerchiamo di entrare nel merito della problematica continuando ad informare.
La tecnologia maggiormente adoperata per la produzione di acqua potabile con impianti di dissalazione è quella ad “osmosi inversa”.
Con questo processo, l’acqua di mare viene desalinizzata mediante membrane che filtrano i volumi idrici prelevati, lasciando da una parte un’acqua molto povera di sali (che viene successivamente mineralizzata per raggiungere i parametri di potabilità previsti dal d.lgs. 31/20011, ed immessa nelle reti ad uso consumo umano), e dall’altra un’acqua di scarto, detta salamoia, che contiene una considerevole concentrazione di sali (quantomeno doppia rispetto a quella originaria del mare).
Per quanto attiene al “prodotto” della dissalazione, e cioè l’acqua destinata al consumo umano, recenti esperienze operative dimostrano che la concentrazione di boro supera spesso i valori previsti dai parametri della legge (si aggira intorno ai 4-5 mg/L rispetto a 1 mg/L ammesso).
Il Ministero della Salute, Direzione generale della prevenzione sanitaria, in una recente (2016) pubblicazione sul boro nell’acqua potabile, indica che il modo ottimale ed economico di ridurre le concentrazioni di boro è la miscelazione con acqua a basse concentrazioni del parametro medesimo. Lo stesso Ministero della Salute, nella pubblicazione del 2016 testé richiamata riferisce di effetti indesiderati o comunque potenzialmente pericolosi per la salute, derivanti dall’eccesso di boro.
Se non remineralizzata correttamente, un ulteriore effetto dell’immissione di acqua dissalata (tecnicamente aggressiva) nelle condotte di distribuzione, è il possibile distacco di materiale dalle tubazioni, specie allorquando le tubature sono obsolete. La corrosione comporta che all’utenza giungono acque torbide e ferruginose, inutilizzabili ai fini domestici e potabili.
E’ il caso del dissalatore di Ventotene che così chiaramente ci è stato evidenziato dall’Assessore all’ambiente dell’isola Dr Francesco Carta durante l‘incontro da noi organizzato a Capoliveri il 25 luglio u.s.
Quanto ai profili più specificamente ambientali, la salamoia viene scaricata direttamente a mare, senza subire alcun trattamento, attraverso delle condotte sottomarine. Insieme alla salamoia vengono scaricati in mare anche i prodotti chimici di lavaggio delle membrane del dissalatore (tra cui biocidi, antiscalant, coagulanti, etc.).
A proposito di questo punto il Dr Carta ci ha trasmesso letteralmente la risposta del Ministero dell’Ambiente alle loro perplessità conseguenti allo scarico della salamoia:
“Nel riscontrare la nota dicodesto comune, concernente la realizzazione dell’impianto del dissalatore in Ventotene, si rappresenta che rispetto agli aspetti individuati come sensibili: la salamoia non rappresenta un’inquinante, ma solo un concentrato di sali già presenti nell’acqua di mare. La sua immissione in mare può essere effettuata a mezzo di diffusori posizionati in zone idonee in modo da massimizzarne la diluizione in mare onde evitare pregiudizio per l’ambiente marino.
Le acque derivanti dalla pulizia delle membrane, sebbene tale operazione sia da considerarsi saltuaria, qualora costituite da sostanze chimiche potenzialmente pericolose, andrebbero stoccate e trattate come rifiuti liquidi”.
Ci ha anche raccontato che il capo progetto del gestore Acqua Latina a fronte di una innegabile prova di acqua rugginosa uscita dal rubinetto di un cittadino di Ventotene, ha avuto il coraggio e la sfrontatezza di bersela negando l’evidenza!
Una scena che lascia interdetti ma fa capire dove possa arrivare l’irresponsabilità di funzionari pubblici che dovrebbero avere a cuore primariamente la salute dei cittadini.
Allo stato attuale, la carenza di specifiche normative sullo scarico a mare di questi reflui, fa sì che:
– non esista l’obbligo di un piano di monitoraggio ambientale nelle zone interessate dagli scarichi degli impianti;
– il dimensionamento e la lunghezza delle condotte sottomarine di scarico degli impianti esistenti (cfr. Lipari, Vulcano, Ventotene, Ustica) non scongiurano alterazioni significative e negative dell’ecosistema marino;
– non esista obbligo di pretrattamento dei reflui (salamoia e chemichals), prima dello scarico in mare.
Il Codice dell’Ambiente non contiene alcun riferimento alla dissalazione, né evidenzia quali possano essere i limiti parametro che lo scarico della salamoia nei corpi ricettori costieri debba rispettare sia rispetto all’aumento di salinità generato, che rispetto ai chemicals utilizzati per la gestione degli impianti.
La tabella 3 allegato 5 parte III del d.lgs. 152/2006, che evidenzia i parametri che gli scarichi industriali in mare devono rispettare, contiene una deroga (vedi nota n. 3 alla citata tabella) per i cloruri, a voler intendere che il legislatore tollera esplicitamente un aumento indiscriminato della salinità del corpo idrico recettore.
Il dato normativo richiamato si pone in contrasto sia con i più fondamentali principi di protezione dell’ambiente e del mare, sia con i limiti normativi dettati altrove dal legislatore,a protezione del livello di salinità del corpo idrico recettore (cfr. ad es. nella acque destinate alla vita dei molluschi ex art. 88 t.u.).
L’attuale vuoto legislativo comporta:
– che l’attività di gestione del processo di dissalazione abbia un notevole impatto inquinante sull’ambiente marino;
– che l’inquinamento da scarico di salamoia pur non sanzionato specificamente dalla normativa ambientale potrebbe indurre l’autorità giudiziaria a procedere al sequestro o al fermo degli impianti;
– che le imprese del settore della dissalazione, nel proporre progetti o gestione di impianti, trovano ferme opposizioni e protese da parte delle comunità locali (vedi Ventotene, Elba, Ponza).
Alla luce dei documenti rinvenuti, riteniamo che sussista la necessità di colmare la carenza di regole sulla dissalazione per gli impianti a terra, attraverso un intervento legislativo che preveda:
– una distanza minima dalle coste delle condotte di scarico tale da minimizzare gli effetti negativi e significativi sull’ambiente marino;
– l’osservanza ed analisi preventiva di specifici parametri prima di allocare lo scarico della condotta (es.: batimetria, zone balneari, correnti marine, prateria di posidonia, eventuali zone vulcaniche, fangose etc.);
– l’obbligo di una valutazione di impatto ambientale iniziale, e un monitoraggio dell’ecosistema marino in prossimità della presa di carico e dello scarico del dissalatore (prima e durante il processo di desalinizzazione);
– l’obbligo di procedere ad una valutazione di impatto sanitario, dell’interazione tra l’acqua prodotta dall’impianto, lo stato delle tubazioni e la salute umana;
– l’obbligo di smaltire i prodotti chimici di lavaggio come “rifiuti liquidi”, ed il divieto di scaricarli tal quali a mare insieme alla salamoia.
L’assenza di una regolamentazione chiara ed univoca sulla materia degli scarichi e degli effetti della produzione di acqua dissalata, provoca interrogativi e forti perplessità per motivazioni di carattere ambientale e sanitario e spiega inequivocabilmente il motivo per cui il nostro gestore Asa si è rifiutato di procedere alla Valutazione di Impatto Ambientale.
Alla luce di tutte queste criticità chiediamo ad ASA e all’Autorità Idrica Territoriale di rivedere il progetto e di affrontare lì emergenza idrica della nostra isola valutando in dettaglio e con attenti studi di fattibilità le svariate alternative che possono essere prese in considerazione in quanto già sperimentate in altri luoghi.
Ci permettiamo solo di indicarne una che è stata presentata il 22 settembre scorso a Roma durante il Convegno “Alternative sostenibili ai dissalatori sulle isole”; nell’occasione si sono dibattute le urgenze normative legate alle problematiche succitate inerenti la salute dei cittadini e degli habitat marini ed è stato presentato da MARNAVI il dissalatore mobile marino come soluzione che si può adattare alle differenti esigenze di ciascuna isola.
Sarebbe opportuno che ci si potesse confrontare su questa opportunità.
Leonardo Preziosi - Presidente
Italia Nostra Sezione Arcipelago Toscano
Bibliografia:
1 D.lgs 31/2001: www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2001/03/03/001G0074/sg
2 Acque Potabili – Parametri: www.salute.gov.it/portale/temi/documenti/acquepotabili/parametri/BORO.pdf
3 www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5562477/
4 Impatto Ambientale Dissalatore di Lipari, Prof. Francesco Aliberti, Università Federico II di Napoli
www.docenti.unina.it/webdocenti-be/allegati/contenuti/28188
5 Studio di Impatto Ambientale, Politecnico di Milano