L’Afghanistan è nel caos, questo a distanza di 75 giorni dal ritiro delle truppe americane e della Nato da Kabul. Il governo dei talebani sta già vacillando.
Puoi vincere una guerra ma perdere la pace. Questa è la dura lezione che gli Stati Uniti e gli alleati NATO hanno imparato dal conflitto in Afghanistan. In un ventennio abbiamo visto come perdere la pace dopo avere vinto la guerra, sprecando un’opportunità irripetibile per gli afghani. Piano, piano, abbiamo visto la disintegrazione di quel paese. Oggi, quella visione è in contrasto con l’idea di un talebano inarrestabile che ha spazzato via gli Stati Uniti e la NATO dal paese nel giro di poche settimane.
Ora i nuovi talebani vanno porta a porta per mangiare qualcosa, i combattenti invincibili setacciano casa per casa chiedendo l’elemosina ad una popolazione che non ha niente neanche per se stessa. Alcuni di questi combattenti disoccupati si stanno unendo all’ ISIS-K, attratti dalla paga e dalla promessa di buone cose a venire se vengono “martirizzati”. Guerra per uno stipendio. Dopo gli attentati che si sono succeduti nel paese, ora sono i talebani che si ritrovano impantanati in una contro insurrezione.
I nuovi governanti dell’Afghanistan sono impegnati in una lotta fratricida per il potere, su chi ottiene la posizione migliore nel governo. I moderati e gli estremisti ideologici, non litigano per il ministero degli affari religiosi. Questi non sono i talebani degli anni ’90. Hanno visto i loro cugini ed ex vicini che si sono arricchiti con i milioni di dollari di aiuti occidentali negli ultimi 20 anni. Vogliono questo.
Per i 40 milioni di afghani che vivono nel paese le conseguenze sono terribili, le Nazioni Unite prevedono che la metà della popolazione non avrà abbastanza da mangiare nel prossimo anno. E non c’è alcun segnale che i nuovi governanti afghani stiano prendendo provvedimenti per affrontale tale catastrofe provocata dalla loro vittoria.
Per quanto spietato possa sembrare, questo stato di cose offre all’Occidente una opportunità senza precedenti su un nemico che non potrebbe battere sul campo di battaglia. A questo si aggiunge il fatto che la leadership talebana include almeno un terrorista e diversi “signori” della droga.
I leader occidentali non dovrebbero sprecare questo vantaggio inaspettato. Non dovrebbero permettere ai talebani di trasformare la popolazione afghana in ostaggi, imbracciando la loro sofferenza per ottenere assistenza finanziaria e legittimità internazionale senza alcun vincolo.
Le dimensioni della crisi, così come un persistente senso di colpa, rendono la pressione quasi irresistibile, soprattutto per gli europei, dove lo spettro di un esodo di massa di rifugiati afghani e le ripercussioni politiche potenzialmente esplosive in patria possono contribuire a quel tipo di pensiero. Le agenzie umanitarie, motivate dalla preoccupazione per gli afghani, forse anche dai loro profitti, stanno raddoppiandola pressione per un’azione immediata.
Washington e gli alleati Occidentali dovrebbero resistere, e usare la loro influenza per porre delle condizioni a qualsiasi assistenza finanziaria o umanitaria e sfruttare la disperazione dei talebani per fare rispettare i diritti umani. Vogliamo che la metà della popolazione che ha due cromosomi X goda degli stessi diritti della controparte maschile, come il diritto di imparare, insegnare, praticare la medicina, che gli afghani abbiano la libertà di movimento e di espressione. L’Occidente deve pretendere che i talebani rinuncino alla presenza del terrorismo internazionale e dal cercare di espandere il loro emirato islamico oltre i confini dell’Afghanistan.
Queste sono alcune delle condizioni che l’Occidente deve porre a qualsiasi aiuto al suo ex nemico. Usare questo tipo di pressione potrebbe sembrare un ovvio strumento diplomatico, ma stranamente gli Stati Uniti e gli Europei non sono mai stati abili nel maneggiarlo. Sembra che l’Unione Europea sia sul punto di aprire una missione diplomatica a Kabul, riconoscendo in effetti il governo talebano che viola ogni nostro principio e valore. Non dobbiamo correre troppo, solo perché non siamo riusciti ad utilizzare gli aiuti finanziari in passato non significa che non dovremmo iniziare ora. Stranamente, sebbene i talebani abbiano inflitto maggiori danni agli interessi nazionali occidentali, di altre crisi, non ci sono elenchi di condizioni che dovrebbero essere allegate all’assistenza ed alla legittimità che verrebbe conferita da una missione dell’EU, né una discussione su tempistiche e parametri di riferimento per i negoziati per allargare il governo oltre i comandanti talebani. Nessuna intenzione di effettuare missioni di monitoraggio sul posto per garantire il rispetto di tali condizioni o imporre conseguenze in caso di mancato rispetto.
L’assistenza umanitaria dovrebbe essere solo per scopi umanitari. Tutti i diritti, i valori e gli interessi nazionali che l’Occidente ha cercato di stabilire e rafforzare in Afghanistan dovrebbero ora essere richiesti ai talebani in cambio di venire salvati da se stessi. Le misure di verifica indipendenti dovrebbero far parte di qualsiasi accordo e dovrebbero essere applicate rigorosamente.
Non lasciamo che una banda litigiosa di criminali di guerra ci induca a supplicarli di salvarli su cauzione, sacrificando ancora una volta il popolo afghano, così come il lavoro e le vite dei nostri cittadini in missione in Afghanistan.
Enzo Sossi