Le attese e l'interesse per il Piano Strutturale Intercomunale di Marciana e Marciana Marina erano certamente grandi e fondate, in virtù di molti significativi elementi, tutti sintetizzabili nella natura stessa del Piano vocato a delineare le scelte strategiche di sviluppo e di gestione del territorio nel rispetto della sua identità culturale, ambientale e paesaggistica, a indicare la strada per la valorizzazione delle risorse disponibili in funzione di uno sviluppo economico e sociale sostenibile, oltre ad una rilevante serie di proposte urbanistiche filtrate sempre sulla base della sostenibilità e degli obiettivi sociali.
Tutto questo, nel caso specifico, in un contesto di bacino estremamente prezioso, differenziato e complesso che annovera centri urbani, coste, entroterra di varia orografia, risorse ambientali e paesaggistiche uniche e delicate, attività ed esigenze socioeconomiche articolate, aspettative per le nuove generazioni ed obblighi verso di esse.
Ad aumentare le attese concorrevano l'ambizioso carattere “Intercomunale”, tra Marciana e Marciana Marina, il particolare momento storico in cui, finalmente, politica mondiale, coscienza civile ed opinione pubblica convergono, anche a livello normativo, sulla necessità di raggiungere adeguati livelli di sostenibilità ambientale e di pensare a nuovi modelli di sviluppo, e ad una superiore qualità della vita.
A quest'ultimo riguardo sarebbe (o sarebbe stato) necessario ricordare, o leggere, gli obiettivi dell'Agenda 2030 a cura dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, che avrebbero potuto ispirare il Piano Strutturale in questione, nel merito e nella sua organizzazione.
In sostanza, uno scenario estremamente stimolante, nuovo, moderno e ricco di potenzialità politiche e progettuali, l'occasione per un laboratorio di idee e di innovazioni politiche, ancora, funzionali e realizzative.
Invece, la montagna ha partorito un topolino, sarebbe il caso di dire, per di più di …. cemento, ed un Piano Strutturale ridotto, nel caso, alla stregua di altri e meno ambiziosi strumenti urbanistici.
Tutta la cosiddetta programmazione appare esclusivamente riconducibile a tabelle di numeri, di volumi in metri cubi e di superfici in metri quadri, senza che tutto ciò, peraltro, venga collocato e giustificato in direttrici di sviluppo od in altre direttrici strategiche e funzionali.
La cosiddetta “Programmazione” è esclusivamente cementizia, che si voglia o no, ed è così dettagliata e, in qualche caso, di dimensioni così minimali, da apparire più consona a sanatorie specifiche di interventi edilizi.
Nella sostanza un'occasione persa che probabilmente testimonia la mancanza di idee e di sogni nella politica, senza che ciò abbia nulla a che fare con il COVID per carità, l'assenza di coraggio nel percorrere strade nuove verso una reale, fattibile, vantaggiosa economia verde in un'isola che a ciò sembrerebbe assolutamente vocata.
Resta solo da augurarsi che la politica elbana sappia, prima o poi, cogliere l'occasione di percorrere le nuove strade e di sviluppare idee meno dannosamente conservatrici.
Paolo Di Pirro