Nel Consiglio dei Ministri il 21 Aprile 2022 è stato deciso di inserire all’interno del Decreto PNRR 2, già approvato il 13 Aprile, sul Pubblico Impiego, una parte che riguarda la scuola: «È un vero e proprio blitz <…>, un “pacchetto scuola” che, nei fatti, rappresenta l’ennesima contro-riforma della scuola, come l’ha definita Roberto Ciccarelli. Nella bozza di decreto che è circolata, a partire dal reclutamento, il governo dei Migliori interviene pesantemente sull’intera organizzazione scolastica, ridisegnando il percorso per diventare insegnanti, la formazione e il profilo contrattuale dei docenti in maniera unilaterale e senza alcun confronto né parlamentare né sindacale.»: così la Redazione di ROARS (www.roars.it) commenta i punti salienti del testo del decreto approvato dal governo, sintetizzandone i punti salienti:
«1) Reclutamento. <…> Le finalità di questa parte del provvedimento sondo duplici: a) conformare la personalità del futuro docente a un unico modello pedagogico-didattico, di fatto impedendo l’esercizio della libertà di insegnamento. Ciò non solo per l’alto numero di crediti di ordine psico-pedagogico resi obbligatori, ma anche per la lunga articolazione del percorso che conduce all’assunzione a tempo indeterminato, che mira a sviluppare accettazione acritica e spirito di obbedienza. b) strutturare conseguentemente l’attività didattica incentrandola sull’inconsistente “dominio delle competenze”, governate da logiche procedurali più semplici da controllare e da certificare, attraverso procedure burocratiche o illusorie misurazioni tramite test standardizzati INVALSI. L’intento è popolare la scuola italiana di docenti-operatori, docili nell’eseguire procedure e metodi stabiliti da altri, privi di qualsiasi autorità intellettuale <…>.
2) Contenuti della formazione iniziale. La formazione abilitante iniziale sarà quella prevista dall’attualmente vigente Piano Nazionale di Formazione introdotto dalla Buona Scuola, esplicitamente richiamato <…>. In altre parole: le solite competenze in metodologie e tecnologie didattiche “innovative” o digitali, di cui il Ministero parla da anni, unite a pratiche di “valorizzazione professionale”, che garantiscono nuove iniezioni di competitività e differenziazione del corpo docenti.
Inutile ricordare quanto tutto ciò sia in linea con le esortazioni della Fondazione Agnelli, della Associazione Nazionale Presidi, della Compagnia di San Paolo o dell’Ufficio Scuola di Confindustria. L’elenco degli stakeholders è lungo.
3) La Scuola di Alta Formazione (con l’INVALSI e l’INDIRE). Il decreto istituisce e pone sotto vigilanza del Ministero dell’Istruzione la nuova Scuola di Alta Formazione, che curerà la formazione di tutti i docenti in ruolo. L’indirizzo della Scuola è affidato ad un Comitato che sarà “presieduto dal Presidente della Scuola” e altri “cinque membri, tra i quali i Presidenti di Indire e di Invalsi (..)”, mentre un Comitato scientifico si occuperà di adeguare la formazione dei docenti italiani “alle migliori esperienze internazionali e alle esigenze proprie del sistema nazionale di istruzione e formazione”.
E’ questo l’atto di nascita istituzionale della Didattica e della Pedagogia di Stato.
Si prosegue l’opera di centralizzazione totalitaria, generando un nuovo ente e nuove strutture burocratiche; prima tra tutte, il Comitato di indirizzo, in cui siederanno soggetti di nomina politica, tra cui i Presidenti di INVALSI e INDIRE. Si tratta di un vero e proprio commissariamento dell’attività insegnante; una esternalizzazione della definizione degli standard professionali e didattici ad agenzie libere da ogni vincolo di rappresentatività politica, il cui operato non è mai messo in discussione, seppur oggetto di prassi assai discutibili <…> Quale sarà la logica- guida della Scuola di Alta Formazione centrale, è facile da immaginarsi. La logica del capitale umano, ovvero il pensiero economicistico-aziendale, quello delle grandi organizzazioni sovranazionali, OCSE in primis. <…> Le scuole, dunque, non potranno più utilizzare risorse interne, per la formazione dei propri insegnanti, risorse in tante occasioni di più alto profilo professionale e intellettuale di alcuni improvvisati formatori accreditati».
Insomma, dietro il tecnicismo spinto del Decreto sembra celarsi una sostanziale mancanza di cultura generale nella dirigenza della scuola pubblica e del personale ministeriale. Quando una cosa non si conosce si nega che esista.
La cultura -lo studio, la conoscenza- è ciò che permette di utilizzare le esperienze della persona come reagente per comprendere le esperienze del proprio quotidiano e trasformarle, a loro volta in patrimonio culturale, da investire in capacità progettuale -e non solo in pratica esecutiva-.
Personalità politiche, dirigenti di realtà economiche, operatori della comunicazione che ignorano l’immensa ricchezza culturale della nostra società (fino alla ignoranza delle basi grammaticali e sintattiche del linguaggio parlato e scritto) disperdono tesori accumulati nei secoli -molto più dei cosiddetti barbari, che li ammiravano stupiti e cercavano di farli propri-, dimenticando la lezione di Alcibiade che riempì con le macerie di Atene sconfitta (frammenti di statue, di colonne, di vasi preziosi) la Colmata persiana dell’Acropoli, ma per costruirvi sopra il Partenone e l’Eretteo -monumenti della Atene futura, note altissime di una cultura che oggi non troverebbe corrispondenza nella ‘logica del fare’.
L’accentuata miopia dell’economia neoliberista si preoccupa di formare generazioni di giovani per l’immediato domani, con la promessa -peraltro finora non mantenuta- di un compenso immediato da poter spendere subito per comperare i prodotti del suo ‘saper fare’. Generazioni costrette a mendicare briciole di poesia dalle parole ritmate di rapper e di influencer sono generazioni defraudate di una ricchezza insostituibile e sicuramente non vendibile e non acquistabile.
Forse la presunzione degli Umanisti del XV secolo aveva portato ad affermare che l’uomo è misura di tutte le cose. Ma oggi è la frustrazione incolta che erige a legge fondamentale l’affermazione che la misura di tutte le cose è l’accumulazione del denaro.
Luigi Totaro