Tirato per la giacchetta da Umberto Mazzantini, in quanto attuale capogruppo della minoranza consigliare marinese, dirò la mia sul fatto che occupa in questi giorni le cronache elbane in merito al cosiddetto “ecomostro” di San Bianco-Camola nel Comune di Marciana Marina.
Conosco bene sia Umberto che Federico Mazzei, ma questo non mi spinge minimamente ad adottare la politica dello struzzo, ed a ficcare la testa sotto la sabbia, anzi : semmai, il dispiacere è di scriverne, come si dice, “a buoi già scappati”.
Si, perché, tra l’altro, da quanto ho letto, quella di San Bianco-Camola è una storia che nasce addirittura nel lontano 1982 per arrivare, assolutamente sottotraccia per quanto ne possa sapere, fino al novembre 2012, attraversando un congruo numero di amministrazioni, giunte e gruppi consigliari.
Sul fatto specifico, gli Organi di controllo preposti hanno oramai tutti gli elementi conoscitivi per potere, eventualmente, intervenire.
Invece, il caso specifico si presta benissimo come occasione per altre, più generali e più importanti riflessioni che qui sintetizzo .
1. La prima riguarda il livello qualitativo generale dell’architettura all’Elba (tranne le solite eccezioni) delle edificazioni almeno degli ultimi 30 anni, in peggioramento progressivo : non eccelso, non coraggioso, non riconoscibile, non rispettoso, non originale, ma semplicemente e banalmente mediocre e ripetitivo. Non a caso si moltiplicano, quasi ovunque, le segnalazioni (e le “visioni” spontanee) di ecomostri, eco mostriciattoli e brutture varie. Da questo punto di vista comincio ad avere paura, sperando che sia solo preconcetta paura, delle violenze che potrà subire la meravigliosa rada di Marciana Marina sacrificata ad un porto turistico velleitario.
2. Il secondo investe proprio il concetto di “ambiente” e di cultura ambientalista, ostaggi di uno scontro tra una interpretazione spesso “talebana” e , ancor peggio, ma molto molto peggio, di una considerazione, da parte delle amministrazioni pubbliche locali, di “risorsa-gallina-dalle-uova-d’oro” in grado di assicurare entrate finanziarie sotto forma di concessioni e/o benefici correlati all’indiscriminato uso dell’ambiente e del territorio. Il tutto con il risultato di una brutta cementificazione, di un esubero di seconde case contrapposto ad una scarsità quantitativa e qualitativa della ricettività turistica, di una compromissione del territorio che oramai rende quasi impossibile qualsiasi riqualificazione urbana e dell’abbandono di attività agricole e di altre ad esse connesse.
3. Il terzo aspetto riguarda proprio il gioco dei ruoli (assolutamente in linea con attuali leggi e Testi, per carità) tra Giunte Comunali, Consigli Comunali, Gruppi di minoranza, Uffici tecnici e Soprintendenze. Qui voglio solo sottolineare l’eccessiva discrezionalità degli Uffici Tecnici, l’impossibilità di controlli preventivi ed efficaci da parte delle minoranze consigliari, l’assurdo predominio delle regolarità “formali” rispetto a congruità di merito, estetiche ed ambientali, la drammatica assenza di un vero e proprio “piano strategico” di uso dell’intero territorio elbano: mai, come in questo caso, il “divide et impera” porta a risultati negativi per l’ambiente e per la popolazione.
Anch’io sono portato ad interrogarmi sull’effettivo ruolo delle Soprintendenze, al proposito. L’unico risultato certo ed assurdo è che, chiunque riesca ad ottenere una concessione edilizia anche illogica, comunque ed alla faccia di qualsiasi sia pur tardiva, fondata e saggia resipiscenza, alla fine viene premiato o, quanto meno, non penalizzato : Procchio docet ed altri pure.
In ogni caso, chi ha effettivamente sbagliato non paga, e tutto finisce in una bolla di sapone.
Paolo Di Pirro