Dopo l’infelice tentativo al Senato di modificare in peggio la legge quadro sui parchi la Senatrice De Petris ha presentato un Disegno di legge su ‘Nuove disposizioni in materia di Aree naturali protette’. Prima di entrare nel merito del testo sia pure molto sommariamente vale forse la pena di osservare che proprio tenendo conto del precedente così poco edificante non sarebbe male che il parlamento prima di riprovarci aspettasse gli esiti di taluni appuntamenti nazionali previsti dal ministro Orlando che consentiranno anche alle regioni, agli enti locali e agli stessi parchi di dire la loro su una vicenda che li ha finora inspiegabilmente tagliati fuori.
Venendo al merito una prima notazione riguarda la modifica dell’articolo in cui si fa riferimento agli ‘accordi internazionali’ ora ci si dovrebbe riferire specificamente alla Convenzione sulla Biodiversità. Mentre non si vi è alcun riferimento esplicito, tanto per fare un paio di esempi, alla Convenzione europea sul paesaggio o al Santuario dei cetacei ( Pelagos) considerato anche che il testo riguarda come vedremo soprattutto le aree protette marine.
Assolutamente non condivisibile risulta poi la proposta che la relazione non si premura neppure di motivare e giustificare di inserire nei consigli dei parchi un rappresentante agricolo pescandolo peraltro dal CNEL di cui si sono perse le tracce da tempo. La rappresentanza a cui è affidata la gestione dei parchi nazionali e regionali fa riferimento –è bene ricordarlo- agli art 9 e 32 della costituzione che non hanno nulla di settoriale e ancor meno di categoriale. Perché gli agricoltori e non i pescatori, chi gestisce il turismo anche ecosostenibile e così via.? Eppure sono tutti soggetti con i quali come sa bene chiunque abbia dimestichezza con i parchi che vengono regolarmente coinvolti per tutte le scelte da compiere. Come avviene di norma anche per le altre istituzioni senza bisogno di cooptarne rappresentanti negli organi di gestione.
L’idea non è nuova e Legambiente la presentò infatti già a suo tempo al Congresso di Federparchi ad Alberese ma non può essere accolta perché ‘snatura’ –è il termine giusto- il ruolo dei parchi che non deve appunto settorializzarli, tanto più che giustamente il testo propone il superamento della separazione tra piano ambientale del parco e piano socio-economico che devono finalmente ricomporsi nel senso di ricondurre anche gli aspetti socioeconomici alle scelte di fondo a carattere ambientale e non il contrario.
Ma il punto meno convincente del Disegno di Legge riguarda quello che sembra essere l’obiettivo principale della proposta ossia la gestione e il ruolo delle aree protette nel loro complesso; aree protette marine e riserve marine che era anche l’obiettivo del testo del Senato. A differenza di quello del Senato quello della senatrice De Petris non cancella le regioni ‘con eventuali estensioni a mare ’. Resta però un’idea di fondo di cui non si riesce a capire la ragione e che non si ritrova infatti in nessuna esperienza e normativa non soltanto europea. L’idea cioè che le aree protette marine ( parchi veri e propri e riserve) devono costituire un ambito nazionale da gestire direttamente da una segreteria al ministero. Un ambito cioè ‘separato’ anziché ‘integrato’ come chiede e non da ora l’Europa e come in sostanza prevede anche la legge quadro. Quando la legge del 1991 dice che le aree protette marine confinanti con un parco terrestre devono essere affidate alla sua gestione cos’altro significa se non gestione integrata. So Bene che il ministro Ronchi disattendendo e violando palesemente la legge quadro sostenne che questo era possibile solo con i parchi nazionali tanto è vero a Portofino -parco regionale- l’area marina fu affidata ad un Consorzio e non al parco. Ma la Corte dei conti disse che la legge non gli dava ragione e non solo la 394 ma anche la 426.
La proposta della senatrice parla solo delle aree protette marine ( e riserve) per ricondurle ad una unica gestione nazionale che non è prevista neppure per i parchi nazionali. Ogni parco risponde della gestione del suo territorio che sia montano, collinare, fluviale, lacustre; perché ciò non dovrebbe avvenire anche per le aree protette marine?
E come se questo non bastasse le aree marine dovrebbero essere affidate non ad un ente, come avviene sia per i parchi nazionali che regionali- ma un Consorzio al 50% composto da rappresentanti degli enti locali e il rimanente da una serie mista di rappresentanze strane che dovrebbero convenzionarsi nel Consorzio. Recuperare addirittura lo strumento consortile sbaraccato da tutte le gestioni è roba stravecchia oltre che stramba che è comunque precedente alla legge quadro di cui sopravvisse peraltro la Commissione di riserva della cui cancellazione si era già parlato anche al senato ma che sopravvive vispa e vegeta. Il caso più recente che consente di coglierne la palese contradditorietà è la gestione dell’isola della Meloria affidata da poco –dopo oltre un ventennio- al parco regionale di San Rossore. La Meloria molto cara ai livornesi è una piccolissima isola che non presenta certo i problemi delle Galapagos.
Il parco di San Rossore ha d’altronde un consiglio di amministrazione ed anche un comitato scientifico in cui sono rappresentate le 3 Università toscane. Ora sta per aggiungersi –è prossima all’insediamento- anche la Commissione di riserva con più esperti ed anche il rappresentante del ministero dell’ambiente!
Non si discute la competenza dei designati tutti qualificati ma il senso. Mentre in nome delle esigenze di bilancio ai presidenti dei parchi regionali in Toscana è stata tolta qualsiasi indennità non stride lontano un miglio ( di mare) questo tipo di gestione?
E si badi bene che la contraddizione non è minore nel caso dei parchi nazionali dove sopravvive ancora questa commissione che fu prevista quando ancora non era chiaro il posto delle aree protette marine in quello che avrebbe dovuto diventare un sistema nazionale di parchi e di aree protette che le comprendesse cioè tutte senza eccezione alcuna.
Invece anche in questa proposta quelle marine fanno squadra più che mai per conto loro.
Del resto anche questa non è novità perché già per il parco dell’Arcipelago Toscano fu detto e ripetuto che l’area marina ancora tutta da definire sarebbe stata in ogni caso gestita sulla base delle idee del ministero. Un Arcipelago insomma che si occupa di terra ma non di mare. Ecco perché prima di inventare altre amenità marine sarebbe il caso di stabilire in sede politico-istituzionale a partire dai prossimi appuntamenti che le aree marine devono essere gestite in base alla legge quadro e alla 426 come tutte le altre aree protette. Mettendo subito in chiaro un’altra cosa e cioè che anche aree marine che non interessano parchi come La Maddalena, l’Arcipelago Toscano o Portofino e le 5 Terre hanno in ogni caso a che fare con spiagge e non solo.
Renzo Moschini