Penso che un 10 % circa degli italiani vivrebbe meglio in una società comunista, dove si dà poco a tutti ma quel poco, è il minimo vitale. Un tetto, qualche soldo per mangiare e per comprarsi gli abiti, avere cure mediche appropriate quando ce n'è bisogno, mandare a scuola i figli etc.
Il recente Report statistico sulle povertà della Caritas fa rabbrividire anche se certi dati sono opinione comune da tanto tempo. Vari programmi tv, per fare un esempio, ci rappresentano una realtà di sofferenze diffuse. Gente che protesta e che dice: non ce la facciamo ad andare avanti, ormai è una constatazione comune.
I dati sulla sofferenza degli italiani ci dicono: 1.900.000 famiglie e quindi 5.600.000 persone vivono in condizioni di povertà. Povertà significa, per una persona , avere meno, ogni mese, di € 690 in Italia, in media tra nord e sud, per una coppia avere, ogni mese, meno di € 1.150. Ci sono poi tanti altri dati più analitici, come ad esempio il numero di persone che, in Italia, dormono( si fa per dire....)all' aperto: 96.000, di cui più di un terzo, stranieri.
Parlo di principi comunisti per una parte della popolazione, ma il comunismo era una realtà fatta di miseria, anche perchè con un sistema industriale non produttivo e basato ,tra l'altro, sulla mancanza di libertà. Per questo non è andato avanti e , nei paesi dell' Europa orientale, è imploso.
Carlo Marx è stato un grande, che ha reagito alla società disumana dei suoi tempi, alle sofferenze diffuse dei lavoratori dipendenti con una visione teorica filosofica-politica, che è stata mal applicata ma che forse non poteva funzionare perchè l' animo umano- ritengo- non ammette la totale eguaglianza.
Ma, tant'è : tutte le società capitaliste registrano una percentuale di gente che soffre e che vive male oppure molto male . Le società capitaliste potrebbero essere congegnate con una attenzione maggiore agli ultimi ma,di fatto, questa “attenzione maggiore” non c'è o magari c'è ma in grado minimo.
Che fare? Riflettiamo intanto su questi dati....
Guido Retali