Parole, parole, parole, soltanto parole, parole tra lor.
Parafrasando la bellissima canzone di Mina, si può riassumere così l’esito della COP di Dubai, la ventottesima organizzata dalla UNCC (United Nation on Climate Change) dal lontano 1992 in cui si svolse a Rio de Janeiro la prima importante conferenza sul clima.
Rappresentanti di 197 Nazioni sono confluiti a Dubai; in tutto, dicono le cronache, 70000 persone che hanno discusso per circa 2 settimane ( 30 novembre- 13 dicembre(per prolungamento) ) su come affrontare il cambiamento climatico in atto , risiedendo intanto, penso, in resort di lusso in tale Paese delle meraviglie.
Ho fatto un rapido calcolo di quanta CO2 hanno emesso gli aerei per lo spostamento di tale massa di persone da tutte le parti del mondo: 69000 tonnellate.
Il Presidente della riunione è stato l’emiratino Sultan Ahmed Al Jaber che è “a.d.” della compagnia petrolifera locale. Si può pensare “Cicero pro domo sua”!
I giorni sono trascorsi con alti e bassi tra posizioni contrastanti dell’OPEC e degli ecologisti di turno.
Tutto verteva se nel documento finale dovesse apparire “phase out” o “phase down”, cioè, con grande sforzo di ermeneutica, dovesse essere chiaro l’abbandono dei combustibili fossili (phase out) o il graduale disimpegno(?) (phase down) da essi. Dopo tanti interventi ed in extremis il 13 Dicembre è stato approvato il documento finale , nel quale, sembra per mediazione del rappresentante cinese Zhenhua amico di Jhon Kerry (inviato USA), appare la frase salvifica “transitioning away from fossil fuels” seguita da “in energy systems, in a just, orderly and equitable manner, accelerating action in this critical decade, so as to achieve net zero by 2050 in keeping with the science”.
Grande standing ovation per Al Jaber sorridente. Solo a guastare la festa il rappresentante delle isole Samoa, che a nome del gruppo delle piccole isole oceaniche, ha protestato per la loro esclusione dalla discussione finale del documento. Da notare che il fondo “loss and damage” (fondo che serve per risarcire i Paesi “poveri” danneggiati dai cambiamenti climatici ) aveva raggiunto all’inizio della conferenza circa 800 milioni di euro: nemmeno 1% di quello che servirebbe.
In breve il documento finale nel punto 28 illustra i provvedimenti da intraprendere per essere in accordo con quanto stabilito a Parigi (COP21 del 2015):
a) Triplicare l’energia prodotta, a livello globale, dalle fonti rinnovabili e duplicare l’incremento dell’efficienza globale degli impianti entro il 2030
b) Accelerare gli sforzi per diminuire l’uso del carbone non abbattibile.
c) Accelerare gli sforzi per l’impiego di sistemi a zero emissioni, utilizzando combustibili a zero o basse emissioni entro od intorno alla metà del secolo.
d) È il comma riportato sopra in inglese.
e) Accelerare l’uso di tecnologie a zero o basse emissioni, comprese, tra le altre, le rinnovabili, il nucleare, il carbon capture and storage e l’uso di idrogeno a basso impatto ambientale (idrogeno blu?)
f) Accelerare la riduzione delle emissioni di gas serra non CO2, come il metano.
g) Accelerare la riduzione delle emissioni causate dai veicoli stradali, impiegando macchine a zero o basse emissioni.
h) Non sovvenzionare più l’uso di combustibili fossili a bassa efficienza se non critici per lo sviluppo di un paese depresso.
Lo stesso documento al comma 27 ricorda che mantenere gli 1,5⁰C già detti, entro la fine del secolo, significa ridurre del 43% i gas serra emessi entro il 2030 e del 60% entro il 2035 rispetto al 2019. Si dovrebbe raggiungere lo 0% nel 2050.
Peccato che ho letto che nel Marzo scorso il VI rapporto intergovernativo dell’ IPCC(Intergovernemental Panel on Climate Change) ha pubblicato i seguenti dati:
1945 310ppm (di CO2 nell’atmosfera)
2000 368ppm
2015 400ppm (conferenza di Parigi)
2023 424ppm ( il 51% in più rispetto ai valori preindustriali).
Illuminante è il grafico, che vedete in foto, di Keeling (ricercatore californiano trasferitosi alle Hawaii negli anni ’60 durante i quali fu costruito un osservatorio in quota sul vulcano di Mauna Loa).
Si vede chiaramente che l’andamento dei ppm di CO2 in funzione degli anni è decisamente lineare senza flessi che significherebbero il raggiungimento di un massimo stabile negli anni prossimi (ipotizzato il 2050).
Un conto sono le parole ed un altro i fatti!
Prossima COP29 (2024) a Baku (Azerbaijan) paese petrolifero.
Giampaolo Zecchini