Nell’articolo “Sicurezza sul lavoro. Se la conosci non ti uccide” apparso il 25 febbraio 2024 sul vostro quotidiano c’è sicuramente una disamina abbastanza precisa sul D.Lgs. 81/2008 (Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) e sulle responsabilità di una politica inconcludente rispetto all’importanza dell’argomento.
Sarebbe però opportuno evidenziare che la sicurezza sul lavoro non può essere affatto considerata un costo. Proviamo a chiederlo alle migliaia di persone – mariti, mogli, figlie/i, genitori - che in questi ultimi anni hanno perso un loro caro se gli interventi in materia di sicurezza possono essere considerati un costo.
In alcuni casi tali tragedie sono imputabili alla manomissione dei macchinari da parte dei vertici aziendali per ottenere profitti maggiori. In altri casi le morti o gli infortuni sono imputabili a inaccettabili risparmi sulla formazione erogata al lavoratore. Mi preme inoltre sottolineare che spesso – soprattutto nel caso dei subappalti a cascata – si ha a che fare con lavoratori assunti al nero o comunque non correttamente inquadrati. Tutto questo avviene perché si permette ai datori di lavoro di sfruttare persone che si trovano in grave difficoltà e che dunque sono disposte a tutto per guadagnare qualcosa. Il risultato è sempre il solito: si risparmia sulla pelle dei lavoratori per far ingrassare i profitti delle aziende.
Ben venga pertanto la patente a punti, così come la Cgil chiede da anni.
Parlare di sicurezza sul lavoro è fondamentale: magari però facciamolo invitando i datori di lavoro ad investire in formazione e ad assumere i propri dipendenti nel rispetto di quanto previsto nei Contratti collettivi nazionali di lavoro.
Manuel Anselmi (coordinatore Cgil arcipelago livornese)