Il Pd in Sardegna ha pressoché il doppio dei voti dei 5 Stelle, ma ciò non gli ha impedito di concordare e convergere sulla candidatura di Alessandra Todde, che dei 5 Stelle è espressione e che è risultata la scelta giusta e vincente, anche grazie all’apporto, mi si consenta di dirlo, di Alleanza Verdi e Sinistra che sull’isola si è affermata come terza forza della coalizione.
Al contrario Giorgia Meloni, forte del suo predominio all’interno del centrodestra e con la tipica arroganza del Marchese del Grillo, ha voluto imporre per forza la candidatura di un suo iscritto, scelta, come si è visto, sbagliata e perdente, calata dall’alto e invisa anche ad una consistente parte dello stesso elettorato sardo di destra (basti pensare che a Cagliari, comune dove era sindaco, Truzzi ha perduto più del 20 per cento dei voti ricevuti all’atto della sua nomina).
La lezione che ne deriva, a parte le considerazioni sulla sconfitta del centrodestra, è che l’unità del centrosinistra, affinché possa essere competitivo e vincente, si costruisce non sull’egemonia di un partito che si impone sugli altri e che agli altri detta legge, ma attraverso un’intesa e un percorso programmatico condiviso tra forze paritarie, dove la scelta del candidato sindaco o del presidente ricade sulla persona ritenuta da tutti più giusta e in grado di riscuotere il massimo consenso, e non sull’appartenenza.
Solo così si può recuperare la credibilità politica perduta o, almeno, tentare di ridare dignità e interesse alla politica, riportando la gente al voto ed evitando deleterie divisioni, per le quali, poi, non ha più alcun senso recriminare su chi ha minori o maggiori responsabilità. E magari affidarsi, come purtroppo in molto casi è già avvenuto, al solito frusto ritornello del cosiddetto “voto utile”.
Danilo Alessi