I tagli dei collegamenti dei bus in alcune frazioni elbane sembra aver colto di sorpresa qualche sindaco, eppure era tutto scritto nella nuova politica del trasporto pubblico locale con gestore unico che parlava esplicitamente di taglio di tratte poco frequentate e di “rami morti” e Legambiente, altre associazioni e sindacati – e poi qualche sindaco dei “rami morti” – avevano lanciata l’allarme, rimanendo purtroppo inascoltati.
Ora, a estate ormai iniziata, ci si accorge che quelle “razionalizzazioni” sono il frutto di una privatizzazione di fatto del trasporto pubblico che – come tutte le privatizzazioni – si ripercuote sulle fasce più deboli della popolazione. E così, mentre si favoleggia ancora del prolungamento dell’aeroporto per il turista ricco e lo si ammanta di continuità territoriale, per gli anziani e i poveri si taglia la continuità territoriale vera: quella locale e il bus diventa un mero strumento turistico, perdendo ogni connotazione sociale che sarebbe alla base del trasporto pubblico.
E’ chiaro che in quest’isola la rivoluzione dei trasporti non si fa in cielo, ma in mare e in terra e che i Comuni che hanno dovuto subire questi tagli devono non solo protestare e mettere toppe ma indicare una nuova politica che rafforzi il trasporto pubblico – che poi sarebbe uno dei compiti del contributo di sbarco – e cominci a ripensare l’inquinante e sempre più insostenibile e anacronistica mobilità basata sulle auto a combustibili fossili.
Insieme al potenziamento del trasporto pubblico, occorre un reale riconoscimento e cura da parte delle amministrazioni del valore dei servizi sharing e investire di più nella mobilità ciclabile e pedonale. Bisogna passare dalle buone intenzioni e dai progetti alla promozione di soluzioni tecnologiche coordinate a livello elbano per accelerare la transizione elettrica della mobilità, facendo il punto sulla mobilità sostenibile delle persone e delle merci, partendo dalle esperienze migliori già adottate in altre isole europee.