Anche l'estate 2024 offre spunti di riflessione sul turismo elbano. E come sempre si leggono considerazioni molto intelligenti e altre che sono il trito compitino precotto e pluridecennale, ormai diventato luogo comune. Quest'anno, secondo me, il contributo più sensato lo ha offerto Franco Cambi, in due articoli. Il primo, soprattutto: il senso di un comune cittadino per il suo mondo circostante, cambiato, spesso non in meglio, dall'overdose turistica. Nel secondo il buon Franco sbatte sul tavolo la parola, overtourism, che con il suo scritto ha dato una svegliata alle coscienze elbane. Ma che rischia di diventare di moda, e come tale da tirare in ballo a ogni piè sospinto, a seconda di come fa comodo: per chi trova che il turismo elbano sia il paradiso in terra, l'overtourism non esiste; a chi saltano agli occhi criticità anche oggettive, serve a spiegare tutto, in realtà non spiegando alcunché. Vorrei quindi partire da questa parola per impostare il mio ragionamento.
E, come al solito, vi beccate l'analisi gramsciana della superstruttura e la sfiducia pasoliana verso la borghesia. Non aspettatevi suggerimenti da questa riflessione. Per due ragioni. 1) Sono un disilluso che non si aspetta niente da chi ha la responsabilità della situazione, cioè esclusivamente quelli che sono già ricchi e si arricchiscono sempre di più con la giostra del turismo. 2) Sono un intellettuale, cioè uno che non si deve porre in posizione diplomatica col potere, ma essere con esso in guerra permanente. Così sfoltiamo le fila, e da qui in avanti la maggioranza dei lettori si leva dalle palle.
I temi da affrontare sono diversi, e preferisco articolarli per non appesantire la lettura e dar modo di riflettere con calma per ogni diverso argomento. Perdonate se per i prossimi tre giorni mi dovrete sorbire.
Per prima cosa intendiamoci sull'espressione overtourism. Pur essendo di recente conio designa un fenomeno ormai pluridecennale, che va sempre più aggravandosi. La parola fu usata nel 2016 da una rivista, Skift, di cui si può leggere l'abstract dell'articolo qui:
https://skift.com/2016/08/23/exploring-the-coming-perils-of-overtourism/
Il reportage si incentrava su un'isola, l'Islanda. È un dettaglio non irrilevante. Se l'overtourism riguarda ogni luogo di vacanza, dalle montagne alle città d'arte, sono proprio le isole che vengono messe spesso sotto la lente d'ingrandimento per l'impatto peggiore del sovraffollamento.
Il fenomeno infatti implica una gestione delle risorse del territorio (limitate, essendo isole), una capacità di gestire i trasporti dei flussi, le conseguenze su ambienti fragili e, non ultimo (come rileva giustamente anche Franco Cambi), il benessere della società. Non solo economico, anche psicologico. Sono tutti argomenti che analizzeremo nello specifico del caso Elba. E, come vedremo, quello che oggi ha un termine inglese appropriato, è la costante del turismo elbano da almeno 40 anni. Non è giocando sui termini che si fanno analisi serie. Si fanno analisi serie esaminando i fatti. Poi possiamo chiamarlo overtourism o Gaetano, il risultato non cambia.
A occuparsi del caso italiano è intervenuta l'agenzia Demoskopica, con uno strumento ancora in fase progettuale, ma dai risultati già significativi: l'Indice complessivo di sovraffollamento turistico.
https://demoskopika.it/wp-content/uploads/2024/05/CS-Mappa-Overtourism.pdf
La società analizza cinque indicatori, che in buona parte analizzerò anch'io per il caso Elba. Nella mappa pubblicata vengono classificate cinque tipologie, da un rischio molto basso a uno molto alto: la provincia di Livorno è al livello massimo.
Quindi all'Elba siamo dentro fino al collo nei rischi dell'overtourism. E quali sono questi rischi? Li spiega bene il presidente di Demoskopica: “Una gestione poco consapevole e sostenibile dei flussi turistici rischia di trasformare una grande opportunità di arricchimento culturale e sviluppo economico in una preoccupante minaccia per i nostri sistemi locali”.
In realtà la distruzione irreversibile di ambiente e di un patrimonio culturale inestimabile all'Elba è già stata commessa.
Ho già scritto su queste cose in una storia del turismo, e quindi non mi ripeterò.
Chi volesse rileggerle, ecco i link:
Domani affonderemo il bisturi negli specifici problemi.
Andrea Galassi