Non è facile avventurarsi nell'analisi di una vicenda complessa come quella delle Fornacelle e soprattutto si corre il rischio di guardare le cose da una prospettiva sbagliata ovvero di pensare che i buoni siano tutti da una parte ed i cattivi dall'altra.
È questo uno dei più grandi equivoci della storia dei nostri paesi che affonda le radici in un equivoco ancora più grande: quello di pensare che ciò che era ritenuto giusto un tempo sia, per forza di cose, legittimo o forse – meglio ancora – che le strette di mano di un tempo siano anche garanzie giuridiche sopravvissute al cambio di generazione e soprattutto all’indebolirsi del rispetto personale.
Se non si comprende questo la vicenda delle Fornacelle rischia di rimanere solo uno tsunami senza soluzione.
Oggi infatti davanti ad alcune certezze non si può continuare a ragionare e soprattutto a ricercare una soluzione senza tener conto che la viabilità storica (quella che tutti noi conosciamo) è stata indifesa di fronte alla mancanza di una corretta procedura autorizzativa e questo in particolare in ragione, in particolare, di una sicurezza idrogeologica mai dimostrata.
Questo peraltro non toglie niente all'interesse pubblico a garantire la fruibilità della spiaggia, a patto di essere capaci di individuare e rispettare una situazione di fatto che è comunque funzionale anche alle esigenze dei singoli proprietari.
L'urbanizzazione che oggi conosciamo è infatti il contrappeso pubblico allo sfruttamento di diritti edificatori che una comunità - tramite le sue amministrazioni - ha reso possibile.
Questo deve indurre a una immediata convocazione di un tavolo di lavoro che ricerchi soluzioni tecniche alternative alla soppressione della strada nel suo tratto finale ed a soluzioni giuridiche che raggiungano un equilibrio tra diritti privati e interesse pubblico.
Paola Mancuso