Dal 1992 al 2007 lo Stato italiano ha privatizzato asset industriali per circa 160 miliardi di dollari. Le privatizzazioni sono rimaste il mantra anche dei decenni successivi, con qualsiasi Governo di qualsiasi colore. Quello attuale, in manovra finanziaria, prevede di privatizzare Poste, Eni, ferrovie, sistemi portuali, Raiway e di incassare da queste ed altre operazioni 20 miliardi in 3 anni.
Dietro queste scelte c'è principalmente l'esigenza di fare cassa, l'illusione di una maggiore efficienza, il perseguimento del mito della libera concorrenza. In realtà, spesso, le privatizzazioni hanno fatto peggiorare l'efficienza, favorito concentrazioni di capitale e creato veri e propri disastri produttivi.
L'attuale disfatta dei trasporti marittimi fra Elba e continente è figlia di queste visioni, della ferma volontà del governo Berlusconi di dismettere gli asset marittimi regionali e della Regione Toscana "di non diventare armatore".
Adesso che le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, le possibili strade da seguire sono due: o ci si fa portatori, a livello nazionale, di una visione diversa, forse anche semplicemente basandosi sulle conseguenze delle scelte attuate, o, quanto meno, si rafforza il ruolo di programmazione e controllo del pubblico rispetto agli asset privatizzati (il che, poi sarebbe anche un obbligo, soprattutto dove il pubblico stesso immette copiose quantità di denaro).
La sciatteria, che, a scadenza di una gara, porta all'ennesima proroga, con anche una diminuzione del servizio, francamente non è più tollerabile. Come non è tollerabile la mancanza di visione e programmazione nelle strategie di fondo.
I partiti della terza repubblica, anziché scannarsi tra loro, a volte con polemiche veramente sterili, ritengo dovrebbero occuparsi di questo.
Nel mentre che i decisori non decidono e soprattutto non pensano, non riformano, non razionalizzano, gli elbani restano a terra, sperando che, fra qualche mese, non ci restino anche i turisti, che ci danno il pane di cui viviamo.
Roberto Peria