Un personaggio: Al Masri, è venuto prepotentemente alla ribalta in questi giorni nella cronaca nazionale.
Infatti grande scalpore, oggetto di interrogazioni parlamentari ed iniziative di carattere giudiziario, ha suscitato il rilascio e riconsegna al Governo di Tripoli di Al Masri (l’egiziano) su cui pende un mandato di arresto da parte della Corte Penale Internazionale dell’Aja (CPI).
Particolarmente sono rimasto esterrefatto dalle reazioni politiche nazionali che rilevano una chiara strumentalizzazione dei fatti, per una chiara lotta politica.
La cosa migliore è analizzare i fatti specifici e poi fare considerazioni più generali di come va il mondo.
Tre sono i “focus” da intraprendere per cercare di districarsi nel complicato caso: La Corte Penale dell’Aja, la Libia ed i rapporti dell’Italia con la Libia.
Questi due ultimi temi hanno parziale sovrapposizione per ragioni storiche.
1) Corte Penale Internazionale dell’Aja.
Organismo attivato con il Trattato di Roma (1998) dopo lunga e contrastata gestazione e dietro spinta popolare italiana. Vi fanno parte 124 Paesi , alcuni Europei ,con loro ex-colonie e America Latina, riuniti nell’ASP (Associazione Stati Parte) il cui organo esecutivo è un “bureau” del quale fanno parte 18 giudici con carica triennale. La CPI è il “braccio operativo” della Corte Internazionale di Giustizia con sede sempre all’Aja. Capo di quest’ultima è attualmente Nawaf Salam (libanese) nominato anche primo ministro del Libano.
Storicamente la CPI è frutto di una lunga gestazione che risale a fine ‘800 con due conferenze dell’Aja.
Durante tutto il ‘900 si è cercato di arginare fenomeni di ulteriore sterminio, durante le guerre o rivolte, dovuti ad impieghi di potenti armi, e ad impedire la negazione di diritti umani all’interno delle varie Nazioni. Tutti ricordano l’impiego dell’iprite (cloro) durante la prima guerra mondiale ed il non uso di armi batteriologiche durante la seconda.
Primi esempi di applicazione di organismi internazionali penali furono i processi di Norimberga e di Tokyo alla fine della seconda guerra mondiale ed atti a punire gli autori di “crimini di guerra”.
Certo, mio pensiero, è che ciò fu possibile perché gli autori di tali misfatti erano rappresentanti di Nazioni sconfitte. Nessuno avrebbe potuto processare una Nazione vincitrice che sganciò due bombe atomiche su due città e realizzò bombardamenti a tappeto su altre ( erano popolazioni civili). Io stesso, anni fa, vidi a Dresda documentazione fotografica.
Alla CPI non hanno aderito Cina, India, Turchia e buona parte dei Paesi Arabi. Altri Paesi hanno firmato, ma non ratificato il trattato, quali USA e Russia.
A mio giudizio nobile è l’impegno, ma , in realtà, l’ideologia si scontra con il potere ( la Corte non ha una Polizia propria) e, quindi, si ha una tigre con gli artigli spuntati. Recente esempio è stato la visita di Putin in Mongolia (2024), Paese facente parte della CPI. Sul Presidente Putin pendeva un mandato di cattura, emesso dalla CPI, dal Marzo 2023.
Ve l’immaginate cosa sarebbe successo se l’avessero arrestato? La Russia sarebbe rimasta a guardare con tutto l’arsenale nucleare in suo possesso?
Quindi il pragmatismo vince e si fa finta di niente. Lo stesso sarebbe accaduto con Nethanyahu.
Ritornando ad Al Masri ,tale individuo è un generale emanazione del Governo di Tripoli che è l’unico “riconosciuto” dall’ONU a rappresentare la Libia.
Al Masri fa parte di “Rada” gruppo islamista che dal 2021 gestisce, per conto del Governo, l’Istituto di Riforma e Riabilitazione della Polizia Giudiziaria di Tripoli. E’ uomo di una milizia controllata da Raouf Kara che gestisce aeroporto e carceri nazionali tra i quali quello famigerato di Mitiga. Quindi gestisce il traffico di migranti con enormi interessi economici derivanti, a beneficio delle numerose milizie esistenti.
Al Masri è stato più volte in Europa in questi anni e nel 2025 dal 6 Gennaio si è recato nel Principato di Monaco, Londra e Germania, dove è stato anche fermato. Il 18 Gennaio , in Italia, dopo aver assistito ad una partita di calcio, è stato arrestato dietro segnalazione della CPI.
2) Situazione in Libia e rapporti con l’Italia.
Breve premessa storica.
“La grande Proletaria si è mossa” diceva il Pascoli nel 1912 in occasione della guerra Italo-Turca e della conquista della Libia: lo “scatolone di sabbia” come era detta. Come Inglesi e Francesi, anche gli Italiani con la riga sulla cartina geografica, hanno tracciato dei “confini” riunendo Tripolitania,Cirenaica e Fezzan divisi, all’epoca dell’Impero Ottomano. Territori con culture tribali diverse come il loro peso storico.
La Cirenaica, vicino all’Egitto, era nota nell’antichità.
Mi ricorda Eratostene da Cirene che più di duemila anni fa aveva inventato il suo “crivello” per determinare la successione dei numeri primi!
Dopo la seconda guerra mondiale ed una amministrazione Franco-Inglese, la Libia divenne una monarchia con re Idris filo italiano.
Nel 1960 il Re fu spodestato con un colpo di Stato di giovani militari filo nasseriani, tra i quali emerse il colonnello Gheddafi che fondò la “Jamairia” e teorizzò una terza via tra capitalismo e comunismo per un socialismo pan-arabo. Tutto ciò nel suo “libro verde” , titolo ad imitazione del coevo “libretto rosso” di Mao.
Nel 1970 gli Italiani furono cacciati ed i loro beni requisiti. Un profugo era nella segreteria del mio Istituto ed ho potuto parlare con lui e non era un fascista.
Il Governo Italiano, successivamente, ebbe un rapporto complessivamente positivo con il nuovo Regime anche per senso di colpa per i crimini commessi dai nostri militari durante l’epoca coloniale.
Vari nostri politici frequentavano la “tenda” del Colonnello per trattare accordi economici. La nostra ENI è molto presente tuttora.
Dimostrazione di tale rapporto fu lo scampato pericolo da due agguati alla vita di Gheddafi ad opera di nostre informazioni in occasione di Ustica (1980) ( questa da dimostrare) e del bombardamento USA (1986) (questa sicura). Tale atteggiamento cambiò poco dopo accordi importanti che il nostro Governo (allora Berlusconi) fece con Gheddafi arrivato a Roma in pompa magna, ricevuto con onori e riconoscimento delle nostre malefatte anche nei confronti dei suoi avi.
Dietro spinta delle “primavere arabe” Sarkozy mandò i suoi mirage a bombardare la Libia, oggetto di una “no fly zone” imposta dall’ONU, per fermare Gheddafi nella guerra civile che era insorta con la Cirenaica. La Nato , naturalmente, fu coinvolta e così l’Italia “ob torto collo”. Nel 2015 Gheddafi fu ucciso e la situazione della Libia è sotto gli occhi di tutti: una reale anarchia con il predominio delle milizie che trattano anche i migranti come nei secoli passati i corsari, provenienti dalle stesse coste, trattavano gli esseri umani.
All’Elba chi non conosce il Barbarossa che imperversava nella metà del ‘500!
Con estrema sintesi, per regolare il fenomeno della migrazione sono stati stilati dal 1990 tre trattati a Dublino, cercando, via via, di coinvolgere i Paesi UE con principi di solidarietà nei confronti dei Paesi di primo approdo ritenuti i responsabili dell’accoglienza. I cosiddetti Paesi di Viesegrad hanno opposto resistenza.
Certo è difficile distinguere i richiedenti asilo per motivi bellici o politici ( obbligo accoglienza per la Convenzione di Ginevra 1951) da quelli per motivi economici.
L’UE ed i Paesi appartenenti ad essa singolarmente hanno anche attivato trattati bilaterali con Paesi esterni accompagnati da cospicui finanziamenti.
Patti Marocco-Spagna per rotta occidentale ( incidente enclave di Melilla con 37 morti nel 2022)
Patti Italia-Libia, per rotta centrale, nel 2008 e rinnovo 2017 ( Governo Gentiloni) con finanziamento visto anche come risarcimento danni coloniali. Rinnovi con Draghi e Meloni anche con Tunisia.
Patti UE – Turchia per rotta orientale e Balcanica con notevole finanziamento.
Ciò ha diminuito il fenomeno migratorio, ma la situazione permane ancora critica con violazione dei diritti umani sulle frontiere esterne UE così presidiate.
Mia considerazione è che ci vorrebbe un’azione decisa dell’ONU che prendesse il controllo delle coste libiche al fine di eliminare il traffico lucroso di migranti ed installare centro profughi dove trattare umanamente gli stessi, organizzare flussi regolari verso l’Europa con centri di addestramento professionale atti allo scopo di un inserimento lavorativo utile alla Nazione di destinazione.
Altra possibile e complessa, ma migliore, soluzione sarebbe quella di collaborare allo sviluppo economico e democratico dei Paesi dai quali provengono i migranti (piano Mattei?) in modo che vengano meno le ragioni di espatrio.
Giampaolo Zecchini