Dopo i nuovi disastri ambientali si sono sprecate come in tante altre situazioni analoghe le denunce non solo per quello che è accaduto ma non di meno sul fatto dato per certo che anche questa volta le istituzioni non sapranno fare la loro parte e tutto resterà come prima, anzi peggio.
Difficile dubitarne se mentre la Sardegna affonda il suo presidente assicura imperterrito che lui continuerà a costruire sulle coste alberghi e campi da golf.
E’ vero che oggi sono in molti di più anche nelle istituzioni centrali, regionali e locali che riconoscono che l’ambiente in questi anni non è stato preso sul serio come si sarebbe dovuto da parte delle istituzioni tutte e dalle forze politiche nessuna esclusa.
Difficile dire naturalmente se sarà questa la volta buona, certo è che per voltar pagina serve mettere in stretta relazione –cosa che finora non si intravede- la gestione dell’ambiente con i ruoli sempre più confusi dei diversi livelli istituzionali. Perché è da qui che ha preso avvio la crisi attuale prima ancora cioè che i tagli indiscriminati prendessero il sopravvento. Insomma non è una questione solo di risorse che mancano ma anche di risorse che non si è riusciti a utilizzare bene per fare le cose che la legge stabiliva che dovevano essere fatte per il suolo come per il paesaggio e la natura. Le leggi valide c’erano e dal 2001 anche in Costituzione fu previsto che stato, regioni ed enti locali avrebbero dovuto attuarle e gestirle in leale collaborazione. Su quel titolo V come sappiamo ormai resta poco da dire visto che è stato detto tutto il male possibile per essere riuscito –si dice- solo ad accrescere la conflittualità istituzionale e costituzionale con effetti paralizzanti che ne hanno fatto lievitare soltanto la competizione sulle materie concorrenti, specialmente in campo ambientale non risparmiando alcun ambito –vedi i disastri della protezione civile o delle bonifiche finite nella corruzione più abietta. E’ diventato così sempre più arduo individuare chiaramente a chi competeva fare cosa sul piano costituzionale ma anche amministrativo.
Ma anziché cercare di ricomporre e armonizzare questo contesto ormai sbrindellato e litigioso si è dato avvio ad abrogazioni giustificate solo in base ai ‘costi’ e non ispirate ad una vera riforma. Si è iniziato con le comunità montane organi che operavano in delicatissimi territori esposti a gravi rischi anche per l’abbandono ma subito dopo si è proceduto con le province che pur previste dalla Costituzione dovranno sparire, non essere più elettive e manterranno solo –come ha detto il ministro Del Rio- le funzioni di area vasta e dunque pianificazione e gestione delle strade. Poi sarà cancellata la provincia dalla Costituzione. Anche per i piccoli comuni si dovrà procedere ad accorpamenti mentre le città metropolitane dopo anni d’attesa partiranno. In questo bailamme pochi giorni fa in Toscana si è votato per la elezioni degli organi dei nuovi Consorzi di bonifica con una partecipazione ridicola. Mi sono chiesto se non ci sia anche qui qualcosa di fuori posto; possibile che uno strumento tecnico di questo tipo –non discuto ora se deve restare- sia eletto mentre non lo saranno più le province? E le cose di cui si discute non finiscono qui; sui bacini o distretti idrografici si è cominciato a discutere ad esempio anche in Toscana e Liguria e pure le regioni per qualcuno dovrebbero essere ridotte –Renzi ha parlato addirittura di microstati che vorrebbero governare tutto- perché sarà bene metterle in riga. L’unica cosa che al momento si intravede con qualche chiarezza è che lo stato dovrebbe tornare a svolgere un ruolo di supremazia nei confronti di livelli chi più chi meno poco affidabili. Eppure si dice una delle ragioni per cui bisogna superare il bicameralismo perfetto con il senato delle autonomie è proprio quella di incidere in modo decisivo sul rapporto tra lo Sato e le autonomie territoriali. Esattamente un nuovo ruolo senza quelle supremazie che hanno portato al fallimento del titolo V e di tutte quelle politiche di governo del territorio e dell’ambiente che oggi è sotto i nostri occhi.
Eppure finora denunce a parte sulla casta, gli sprechi, le poltrone, la corruzione ben poco ci è dato di capire su come dovremmo finalmente passare dalle denunce e le recriminazioni a quelle politiche che sul mare, i fiumi, i campi, il paesaggio, i boschi dovrebbe dopo tanti anni d’attesa rimettere mano ai piani di bacino, ai piani dei parchi e delle aree protette, alla tutela del paesaggio senza cementificazioni dissennate da condonare. Vale per tutte le istituzioni e per le forze politiche con poca memoria e ancor meno disponibilità a rimboccarsi le maniche anche nel momento in cui il ministero dell’ambiente dopo tanta latitanza si è rimesso al lavoro.
Renzo Moschini