La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha approvato un documento di osservazioni sulle proposte di legge in materia di parchi e aree protette all’esame del Senato.
Se era strano che dalla passata legislatura il Senato stesse discutendo delle modifiche alla legge 394 senza di fatto avere coinvolto le regioni non lo era di meno che le regioni non facessero valere le loro ragioni su testi plurilacunosi.
Veniamo al merito. La critica di fondo riguarda lo scollamento tra le proposte che non integrano i piani parco, paesaggio e gestione siti Rete Natura 2000 in rapporto anche alla tutela della Biodiversità il cui piano è fermo al palo e ai cambiamenti climatici. Solo il testo De Petris vi accenna gli altri due no. E’ questo un nodo cruciale perché da qui passa la possibilità di costruire dopo oltre un ventennio quel sistema nazionale di parchi e di aree protette che richiede quella leale collaborazione costituzionale e istituzionale ossia una effettiva programmazione integrata che il ministero in questi ultimi anni ha regolarmente snobbato. Modificare la legge 394 eludendo questo passaggio non ha senso tanto più se si vuole cancellare persino il riferimento per le aree marine protette ai brevi tratti di mare prospicenti alle regioni in parole povere la estromissione delle regioni di cui il documento richiede giustamente il ripristino.
Da qui anche la proposta di non sostituire la Consulta Tecnica con un ufficio meramente ministeriale in cui non siano rappresentate anche le regioni che poi in sede di Conferenza decideranno.
Il documento mette in guardia anche dai rischi derivanti dalla ricerca di proventi per impianti e strutture all’interno dei parchi che potrebbero risultare ben poco compatibili con il ruolo dell’area protetta.
Molto opportuno e fondato il timore delle regioni che la Comunità del parco ne esca ridimensionata nel sul ruolo istituzionale sottraendogli il piano socio-economico che dovrebbe raccordarsi a quello ambientale. Meglio quindi coinvolgere la Comunità nella messa a punto dell’unico piano che deve recuperare anche il paesaggio sottrattogli inopinatamente dal Nuovo testo dei beni culturali, con un parere vincolante.
Meno concordi appaiono le regioni sulla immissione negli enti parco di una rappresentanza di categoria. Alcune sono contrarie altre ritengono che dovrebbero cambiare a seconda delle realtà territoriali. Si ipotizza –dopo avere giustamente chiesto la abrogazione delle commissioni di riserva per le aree marine –vero fossile istituzionale- l’eventuale designazione da parte delle Camere di Commercio che furono già coinvolte quando con la legge 979 –precedente la 394- le aree protette marine furono affidate in gestione a confusi organi in cui si andava dai provveditorati agli studi alle camere di commercio. Meglio evitare nuovi pasticci che poi come abbiamo appena visto non è facile liquidare.
L’ampio documento delle regioni entra anche in una serie di dettagli niente affatto secondari a partire ad esempio dalla giusta contestazione che si possa procedere alla assunzione da parte del presidente del direttore per chiamata tanto più assurda da parte di organo monocratico. Idem sulle aree contigue etc. Qui premeva evidenziare il fatto che con questo documento finalmente la discussione poco esaltante del senato entra in una nuova fase impegnativa anche per le stesse regioni che sono anch’esse alle prese con problemi delicati per quanto riguarda la gestione dei parchi regionali. Un nuovo e più costruttivo rapporto Regioni- Stato urge da ambo le partire e questo documento può rimetterlo sui giusti binari.
Renzo Moschini