I ripetuti interventi sulla stampa circa i fenomeni di sprofondamento che hanno in più riprese coinvolto la SP 26 in loc. Piano, m’inducono a un contributo per fare il punto della situazione e un po’ di chiarezza su quanto da più parti affermato.
Il fenomeno, da sempre presente sul territorio, ma manifestatosi a partire dal 2008 con maggiore intensità e localizzazione sulla strada provinciale e risolto con interventi di semplice ripristino, è sotto monitoraggio dalla primavera 2013 attraverso l’installazione finanziata dalla Regione di un georadar che segnala in tempo reale i movimenti del suolo.
In questi mesi di studio si sono rilevati numerosi episodi di assestamento del terreno causati, come mi ha efficacemente illustrato il prof. Carmignani dell’Università di Siena, che sta guidando un dottorato in ricerca sul fenomeno, dalla presenza di “un grande lavandino” o dolina con al centro uno o più inghiottitoi, cioè punti dove l’acqua sprofonda nel sottosuolo per scorrere, curiosamente, verso la valle di Mola.
L’acqua del torrente Riale che va al mare è dunque quella che non viene inghiottita nelle sottostanti cavità carsiche, fungendo in pratica da troppo pieno.
Ebbene, il nostro territorio è caratterizzato da questa dolina di cui va misurato l’estensione e l’esatta localizzazione, tenendo anche conto che i contorni sono costituiti da rocce resistenti e portanti.
Fino a questo momento si è proceduto all’osservazione del fenomeno e cioè al lento sprofondamento dei materiali verso il centro della dolina, attratti dagli inghiottitoi che li recano nella cavità carsica anche mediante il ricarico dell’acqua nelle stesse cavità, ora si tratta di definire con certezza il contorno della dolina e quindi l’area che presenta effettivi rischi di sprofondamento.
L’equipe del prof. Carmignani lavora proprio a questo e conta nel giro di un paio di mesi, attraverso l’utilizzo di tecniche di microgravimetria, di disegnare non solo una mappa precisa ma di definire anche i punti solidi fuori dalla depressione.
Creare allarmismi sull’estensione dell’area, come si è fatto sulla stampa in questi giorni, mi sembra quindi improprio e fuori da una regola scientifica di reale verifica del sottosuolo.
Non mi sembra pertanto il caso d’allarmare i residenti nelle abitazioni della zona, alcune delle quali anche centenarie, con imminenti pericoli di crolli prima d’avere un’esatta rappresentazione della realtà che, a una prima analisi, si presenta assai più circoscritta di quella ipotizzata.
Visto che sul fenomeno stanno lavorando, mi par di capire in modo complementare, due squadre di tecnici, una capeggiata dal prof. Casagli dell’Università di Firenze, incaricato dalla Regione Toscana d’individuarne l’estensione attraverso l’osservazione, e l’altra dal prof. Carmignani dell’Università di Siena, che analizza invece la struttura del sottosuolo per verificare l’esatta estensione della dolina, mi sembrerebbe per prima cosa dettata da buon senso l’unione degli sforzi fra i due studiosi attraverso lo scambio di dati e d’informazioni per evitare duplicazioni e costi superflui.
Invitando i due studiosi a un incontro presso la mia Amministrazione ho cercato proprio di favorire lo scambio d’informazioni teso ad accelerare il processo di conoscenza.
Quanto all’incidenza degli emungimenti, che nel 2012 hanno superato le 500.000 tonnellate, risulta evidente che i conseguenti richiami d’acqua non fanno altro che accelerare il fenomeno.
Poiché il consumo dei Comuni di Rio Marina e di Rio Elba è stimabile in 170.000 tonnellate/anno, risulterà a tutti evidente il contributo al consumo idrico elbano del nostro versante, sul quale intendo richiamare a una riflessione in termini di ristoro per i danni ambientali.
Rimane a questo punto l’aspetto pratico di assicurare alla Comunità che rappresento la libera circolazione, impedita dall’evento del 4 febbraio che di fatto, per la concreta impraticabilità degli altri collegamenti, l’ha praticamente isolata in un’isola.
E qui lamento anzitutto la scarsa sensibilità sia della Provincia di Livorno che della Regione Toscana, che hanno lasciato sola questa Comunità senza alcuna spiegazione sulle modalità e sui tempi d’intervento e fissando solo al 4 marzo il primo incontro del tavolo di lavoro incaricato di assumere le iniziative dopo la dichiarazione d’impotenza della prima, poi anticipato al 26 febbraio dietro la minaccia di una manifestazione presso la sede della Giunta Regionale.
Il confronto con altre sfortunate calamità avvenute in Toscana nell’ultimo periodo (Volterra, Maremma ecc.) conferma questa impressione.
Conto pertanto che nell’incontro di mercoledì prossimo si assumano le decisioni circa il bypass provvisorio necessario, che dovrà avere caratteristiche d’ordinaria circolazione in funzione del probabile tempo d’attesa della variante, per la quale si dovrà fare una scelta tra un percorso alternativo e un percorso in viadotto, con la tecnologia disponibile possibile anche su un territorio caratterizzato da questi fenomeni.
Visto il danno presente e prossimo per la Comunità, impegnata in una difficile congiuntura economica dai caratteri anche strutturali, ho tutta l’intenzione di confermare la richiesta di stato di calamità naturale, per rendere possibile quegli investimenti necessari che altrimenti ricadrebbero nel vincolo del patto di stabilità.
Conto che nell’incontro già fissato con i cittadini sia possibile portare elementi di fiducia sul futuro che ci aspetta.
Renzo Galli
Sindaco di Rio Marina