Una campagna strana questa, nella quale il centrodestra sta in silenzio pensando di avere la vittoria in tasca e che “è meglio sta zitti sennò si rischia di perde..”, il centrosinistra se le dà di santa ragione, con giovani in molte liste ed i 5stelle che.. mah! Io non li capisco…
Leggendo le cronache di questi giorni mi è tornato in mente quello che avvenne, a me e ad un mio coetaneo, un diciassettenne Alessandro Fratini, quando dopo una piccola esperienza nella FGCI e all’indomani della svolta del 1989, entrammo per la prima volta a far parte del direttivo del “nuovo” Partito Democratico della Sinistra.
Succede così, quando ci si avvicina alla politica in un partito: si sta ad ascoltare chi padroneggia la dialettica, l’arte e l’abilità di dialogare, cercando per quanto possibile di apprendere come si affrontano gli argomenti, le questioni, le discussioni.
Erano altri tempi, ci mancherebbe.. tempi in cui la parola “politica” intimoriva, specialmente due ragazzi alle prime armi che poi, quando si incontravano il giorno dopo, discutevano e cercavano di trarre il meglio da quello che avevano ascoltato, che avevano appreso.
Ricordo che ci vollero alcuni mesi prima di cominciare a dire qualche parola, timidamente, su quelle questioni, allora sicuramente non alla nostra portata.
Ricordo anche il mi’ babbo che, agitato (cuore di babbo!), uscì dalla sala di piazza della Repubblica il giorno del mio primo intervento in pubblico, per seguirmi sbirciando dal portone, cosa che ha continuato a fare anche anni dopo, quando parlavo durante un congresso o quando presentai la mozione Bersani a Portoferraio in confronto con Peria che rappresentava le posizioni di Renzi.
In venticinque anni sono successe infinite cose e noi siamo cresciuti, il mondo ci è cambiato intorno e la politica anche. Il partito del quale ho continuato a far parte è trasformato, ha superato momenti difficili e dolorosi così come talvolta vivi e pieni di entusiasmo. Abbiamo attraversato l’era berlusconiana, lo sdoganamento leghista dell’arroganza, il qualunquismo sfrenato del “sono tutti uguali” e ci ritroviamo oggi in un momento di pieno rifiuto degli ideali, tra il “vaffa” grillino e l’antipolitica più gretta.
Eppure mi stupisco ancora di chi, da un giorno ad un altro, sale in cattedra e, senza alcuna esperienza diretta, con l’ingenuità del principiante ma, al contempo, presuntuosa arroganza, dice “vi dico come si fa!”.
Mi succede perché nonostante tutto credo nella “buona politica” e sono fermamente convinto che questa non possa prescindere dall’usare i modi ed i toni giusti, dal rispetto dell’avversario, dal suo riconoscimento e dal riconoscimento “onesto” dei propri limiti.
Mi dispiace davvero constatare anche che in questa tornata elettorale, alla fine dei conti, alcuni giovani stiano conducendo una battaglia usando toni e modi poco adeguati, cadendo in scivoloni dettati talvolta dall’inesperienza, talvolta da eccessi di presunzione, mostrandosi più pronti all’”incoterzolimento” (tipica reazione di persone suscettibili, che ricorda la risposta alle minacce di una particolare razza di formiche) che al dialogo.
Una battaglia senza esclusione di colpi contro un solo candidato ed il suo partito, con il sostegno strumentale, per ragioni più personali che politiche, di politici a fine corsa, che rischia di consegnare il comune ad una destra simile a quella che lasciò dieci anni fa questo paese sull’orlo del precipizio.
Di questo si tratta ed è inutile puntare ad arrivare secondi per dare un ulteriore smacco al centrosinistra: con questo sistema elettorale chi arriva secondo perde, così come il terzo, il quarto ed il quinto.
Forse con un po’ di “gavetta” e la giusta umiltà si poteva evitare…
Massimo Scelza