Tra una potatura e l’altra si discute di ombra. I detenuti hanno cominciato a ripulire il giardino dell’Agronomo, inselvatichito e invaso da erbe alte, malve finocchi e tapsia garganica. Ne escono i tronchi dei vecchi melograni e le tracce di un lavatoio ben fatto, con i gradoni intonacati di rosa come la bellissima casa che fu dell’agronomo Petri e della sua famiglia fino agli anni 70, e degli altri agronomi della Colonia penale prima di lui.
“Mio padre si arrabbiava se in campagna ci mettevamo a riposare sotto a un fico: è un’ombra calda e fa venire mal di testa” dice il detenuto sardo. “Da noi invece in Romania si pensa che è l’ombra del noce che fa male” “ Forse perché è l’albero attorno al quale le streghe fanno le loro magie?”
Si tagliano le robinie malformate e malate. Un grosso verme di rodilegno si contorce nel buco del tronco segato, che ha scavato e mangiato a poco a poco. “L’ombra migliore è quella del leccio, fitta, fresca, sana. Anche quella dell’ulivo non è tanto buona perché è calda”. “All’orto botanico dell’Ottone c’è una pianta esotica che se ti ci metti sotto ti fa star male immediatamente“.
Dopo il taglio dell’erba affiorano centinaia di bulbi di narciso italico, profumatissimo e in fiore quando è Natale. Dissotterrati, divisi e raccolti in cassetta, sono pronti per essere ripiantati in autunno. Anche gli iris, spontanei ovunque a Pianosa, nel cimitero dei cronici in particolare, e sulla sommità dei muri ‘a sacco’, verranno diradati per ripiantarli nei giardini restaurati.
Intanto, improvvisate talee di gerani vengono utilizzate per rinnovare la vegetazione nei grandi vasi, sperando che attecchiscano.
È stata messa nuova terra buona. No, non terra in sacchi fertilizzata e ricca di humus, acquistata al consorzio; ma terra della ‘buca di Maria’. Forse una grotta neolitica, poi usata come rifugio e per nascondere munizioni in guerra. Il mucchio di terra che l’aveva nel tempo riempita era stata scavata ed era rimasta lì accanto, facile da trasportare con le carriole. Così è a Pianosa. Isolata davvero. Non c’è nulla se non quello che c’è già o che la terra produce.
Sul bordo del muro di sostegno decorato da pilastrini si tagliano grandi fichi d’India. “Davvero devono essere eliminati? A me piacciono, mi ricordano la mia campagna”, dice un altro. Ma alla fine la massa della vegetazione tagliata e il suo peso sono tali che ci si rende conto di aver fatto la cosa giusta. Le radici spingono e spaccano. Capperi, fichi, pini, senza manutenzione e controllo. Molti pini, sproporzionati agli spazi verdi del paese sono divenuti pericolosi. Un tempo erano gelsi e rose. Saranno rose e lentischi, teucrio e rosmarini, corbezzoli e mirti.
Giardini del paese, giardini delle Diramazioni della Colonia penale. Orti e giardini e aranceti. Non c’è da immaginare grandi spazi, con vialetti e lunghe siepi topiate, ma giardini di fiori sì, giardini di rose (ma le rose di Pianosa meritano un discorso a parte), di calle e gigli, a seconda del gusto degli abitanti delle case, degli agenti di custodia, degli agronomi, dei direttori del carcere, perfino dei detenuti che nei loro spazi coltivavano non solo verdure e insalate. Sempre c’è spazio, soprattutto in un’isola ricca di acqua, di sole e di clima così felice, per coltivare nasturzi o zinnie accanto all’ingresso, o alla fine di una scala, o vicino ai pomodori.
Giardini racchiusi da bei muri di contenimento, con pavimentazioni in tufo o in mattone, con splendide viste, per ora abbandonati come le loro case, ma che stanno tornando a nuova vita.
Anche il giardino della Diramazione Centrale sta riapparendo, dopo che è stato ripulito e diradato dai grossi alberi che lo avevano invaso. Ed ora dal bel ponticello con l’edicola e la scala che porta all’ex-edificio dell’isolamento ci si può affacciare sul giardino ribassato, con palme e piante d’agrumi ancora esistenti.
Quando tutti i giardini saranno ritrovati e ben tenuti anche i loro edifici chiederanno con più forza di essere restaurati.
Da questo appassionante itinerario è nata l'idea di approfondire anche con altri questi stessi interessi, e si stanno intanto programmando brevi corsi di giardinaggio, cura e potatura degli arbusti ornamentali, riconoscimento delle piante, coltivazioni ‘sostenibili’. Destinati agli abitanti di Pianosa, ai detenuti, agli agenti e agli studenti.
Paola Muscari