Il prossimo e importantissimo incontro alla Certosa di Padula sui parchi anche se avesse voluto non rischia davvero di esaurirsi in un confronto ‘accademico’ come è stato detto di quello in corso sul piano del paesaggio in Toscana.
I disastri del Gargano come già prima quelli in Sardegna, in Toscana, in Liguria e via rovinando avevano riguardato anche quando non soprattutto aree protette e bacini idrografici che ancora sono nei guai. In più d’un caso si è ‘scoperto’ dopo che pur in tempi di vacche magrissime non si era riusciti ad utilizzare risorse disponibili regionali, nazionali e in particolare comunitarie.
Questo fine estate ha visto pure aree costiere famose già alle prese con il maltempo vietate alla balneazione per inquinamento a conferma di come le vicende ambientali sono destinate se non risolte a condizionare la stessa ripresa del nostro paese.
E mentre si preannuncia uno ‘Sblocca Italia’ che sembra riproporre provvedimenti per fortuna bloccati in passato al mare si stanno riservando nuove trivellazioni. Intanto in polemiche in corso in territori dove le aree protette sono di casa –una buona casa- da anni, c’è chi considera persino quelli del Trentino ‘non’ veri parchi’.Una definizione già usata a sproposito e infelicemente molti anni fa da un ministro dell’ambiente allora a carico dei parchi regionali. In questo clima che conferma quanto fosse fondata la preoccupazione del ministro Orlando quando alla Sapienza a Roma cercò di rilanciare sul piano nazionale una politica per i parchi senza più discriminazioni assurde tra parchi nazionali e regionali e tra aree protette terrestri e aree protette marine mai veramente uscite dal sacco della befana ministeriale su cui infierivano e infieriscono ulteriormente le proposte di legge cervellotiche in discussione al Senato, l’incontro alla Certosa ha non poche gatte da pelare. Tra queste -che non è certo l’ultima a rendere sconfortante il contesto nazionale- c’è il problema del paesaggio. Qui le responsabilità bisogna dirlo subito ricadono sullo stato ma anche e non di meno sulle regioni che con il nuovo titolo V a quanto pare saranno nuovamente bacchettate dopo le tante chiacchere sul federalismo.
E’ bene ricordare che il nuovo Codice dei beni culturali estromettendo i parchi da qualsiasi titolarità sul paesaggio dove specialmente i parchi regionali avevano dato un contributo fortemente innovativo anche rispetto alle Sovrintendenze ha tagliato fuori le aree protette proprio da quanto di più innovativo ha introdotto la Convenzione Europea firmata a Firenze.
Quanto sta accadendo in Toscana lo conferma alla grande. Qui si è alle prese con il piano regionale sul paesaggio che tra gli aspetti più delicati ha dovuto e deve fare i conti con le cave delle Apuane dove la regione qualche anno fa ha istituito un suo parco. Ebbene nel vivacissimo dibattito il parco che non è riuscito neppure quando poteva e doveva a dotarsi di un piano, risulta oggi completamente tagliato fuori nonostante in Toscana si stia discutendo anche la nuova legge regionale sui parchi.
Se i parchi regionali e nazionali terrestri e marini non riusciranno a svolgere quel ruolo affidatogli dalla legge quadro a cui oggi si deve ‘aggiungere’ quelli derivanti dalle normative e disposizioni comunitarie che noi spesso ignoriamo pagandoci così anche dazio. Insomma non riusciamo ad avvalerci seriamente dei finanziamenti comunitari disponibili ma paghiamo sanzioni salate
per le nostre inadempienze; bello no?
E’ stato detto che ancora una volta c’è il rischio della solita ‘alluvione’ di parole destinate a non lasciare segno.
Ecco alla Certosa della Padula dovremo riuscire a dire cosa si deve fare –come e con chi- per nuove politiche ambientali che riguardano naturalmente non soltanto i territori protetti perché senza quelle politiche anche le sviolinate sulla green-economy lasceranno il tempo che trovano. Anche la green–economy insomma dipende dalle politiche ambientali, parchi compresi.
Renzo Moschini