Circa un mese fa l’Associazione per la Difesa di Pianosa, con il sostegno di Italia nostra e del FAI, ha promosso la lodevole iniziativa di una raccolta di firme per salvare dalla rovina un edificio di notevole interesse storico, il Forte Teglia. Bene, speriamo che qualcosa di buono succeda; che si riesca a trovare le disponibilità finanziare necessarie.
Purtroppo non è solo il Forte Teglia che sta cadendo a pezzi. E’ tutto l’antico abitato dell’isola che da anni ormai dimostra inesorabilmente i segni di una deprecabile e sconcertante condizione di abbandono e di degrado.
Pianosa fa parte del Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano cui spetta il compito della tutela ambientale. Ma si ha l’impressione, per non dire la certezza, anche dopo aver letto un recente comunicato sull’impegno profuso dal Parco per la “fruizione naturalistica “ dell’isola, che questo Ente abbia a cuore solo l’ambiente naturale e non anche quello urbano. Su come contrastare l’agonia; su cosa fare del vecchio borgo, degli edifici che, come il Forte Teglia, ci raccontano la storia passata e recente dell’isola del diavolo. non solo il Parco, ma anche tutti gli altri Soggetti pubblici interessati misteriosamente tacciono: il Comune di Campo nell’Elba, il Ministero dell’Ambiente, la Regione Toscana.
Se qualche Ministro del Governo romano si azzarda a dichiarare di voler riaprire il carcere di massima sicurezza; se qualche altro lancia la pazza idea di costruire a Pianosa una centrale nucleare allora “apriti cielo”. Insorgono tutti!Limitandosi tutti a dire NO ( giustamente per carità); ma solo No. Nessuno ha mai detto con chiarezza,in alternativa alle inaccettabili proposte governative, quale destino assegnare, quale destinazione d’uso dare al patrimonio edilizio che nel tempo è stato realizzato.
Passata la minaccia della riapertura del carcere o della costruzione di una centrale; tornata “la bonaccia”, cala inesorabilmente sull’isola una fitta nebbia di belle dichiarazioni destinate a rimanere tali, di ottimi propositi che non si traducono in atti concreti, di proposte per lo più vaghe o comunque insufficienti.
In un documento approvato all’unanimità dal Consiglio l’Amministrazione comunale di Campo nell’Elba, Sindaco Segnini, espresse “la ferma volontà di agire come attore principale per la tutela, la riqualificazione e il rilancio economico dell’isola”. Parole sensate. Ma quali scelte urbanistiche sono state compiute; quali azioni sono state intraprese per raggiungere quegli obiettivi?
Sono passati quasi 20 anni dalla istituzione del Parco e non si è fatto niente. Eppure Pianosa non è soltanto l’isola del falco pellegrino, delle rondini che sfrecciano a bassa quota o del pigliamosche che svolazza ovunque, ma anche una frazione del Comune di Campo nell’Elba con un suo tessuto urbano e con edifici sparsi che stanno morendo
Dovrebbe essere ormai abbastanza chiaro che, per impedire la morte e ridare la vita a quest’isola, non bastano i detenuti in regime di semilibertà da impiegare in attività agricole o di manutenzione; le visite turistiche giornaliere; o certe proposte fatte in passato ma poi rimaste lettera morta come un Centro di ricerca per studiosi del CNR , delle Università italiane e straniere o una struttura per l’accoglienza di atleti che praticano discipline sportive compatibili con l’ambiente. Occorre ben altro. Occorre innanzi tutto dare corpo ad un progetto complessivo di risanamento e di recupero di tutto il patrimonio immobiliare esistente per destinarlo, oltre che ad attività scientifiche, culturali, agricole, sportive e a visite giornaliere anche ad un turismo stanziale dotando l’isola di adeguate strutture ricettive e di una efficiente rete di servizi complementari. Del progetto dovrebbe farsi carico il Comune di Campo nell’Elba naturalmente d’intesa con l’Ente Parco, il Demanio dello Stato e la Regione Toscana. Pensiamo che non sia scandaloso favorire nell’isola ( senza mettere un mattone in più; anzi demolendo quanto è stato costruito con scarsa sensibilità ambientale) anche una presenza turistica ovviamente contingentata e sottoposta a regole comportamentali che la rendano compatibile con l’ambiente naturale, sia a terra che a mare e che questa sia la strada giusta per avviare concretamente un processo vero di riqualificazione, di rilancio economico e di ripopolamento. Per fermare, insomma, il tempo dell’abbandono e della desolazione e ritornare a quello in cui, come ci ricordò tempo addietro un amico , “sui terrazzi e sulle finestre delle case di Pianosa fiorivano i gerani”.
Giovanni Fratini