Frane ed alluvioni nelle Apuane, in Maremma, in Liguria. Vittime, attività economiche distrutte, milioni di euro di danni, lavori mai fatti o fatti mali, pastoie burocratiche, cementificazione, impermeabilizzazione dei terreni abbandonati dall’agricoltura, precipitazioni di eccezionale portata, polemiche sulle previsioni, dimenticando magari che le previsioni non sono certezze,…E chi più ne ha più ne metta. Ma in questo desolante ricorrere di parole e frasi, troppo spesso rapidamente dimenticate nei fatti, sembra esserci una novità portatrice di una labile speranza. Non leggiamo più o ascoltiamo, frasi come: “imprevedibili catastrofi naturali” e “natura maligna”. Si allarga la consapevolezza che le catastrofi idrogeologiche sono largamente prevedibili quando: si tombano i corsi d’ acqua, si edificano case e palazzi negli alvei fluviali, si abbandona e si mortifica l’agricoltura, si sviluppano insostenibili attività estrattive. La natura non è più matrigna. E’ la natura, le cui fragilità devono essere conosciute e rispettate , rifuggendo da effimere arroganze iper-tecnologiche ed adattando le nostre opere alle sue regole. Viviamo in un Paese in cui la Carta geologica del territorio nazionale (strumento primo per una idonea pianificazione territoriale ) è per almeno il 60% quella di Quintino Sella, variamente aggiornata, poiché i finanziamenti per disporre di una cartografia geologica in scala adeguata per una idonea pianificazione sono bloccati da alcuni anni. Il Codice dei Beni culturali e Paesaggistici stenta a trovare le sue applicazioni di salvaguardia e vincolo, fra egoismi corporativi, miopie amministrative locali, viscosità burocratiche e lentezze giudiziarie. La normativa nazionale sul consumo del suolo vivacchia nel suo iter parlamentare e di tanto in tanto viene riesumata in occasione, come è il caso, di qualche disastro idrogeologico. E’ giunto il momento per tutti di guardare la natura , il territorio ed il suo paesaggio inforcando un altro paio di occhiali. Occhiali che senza se e senza ma, fanno vedere al primo posto per la qualità della vita e dei nostri bisogni sociali ed economici la salvaguardia e la gestione ecosostenibile del territorio, cancellando l’ irrazionale conflittualità fra difesa dell’ambiente e lavoro, e diffondendo la cultura e la pratica della “green economy”. La Regione Toscana dispone, a suo merito, di una adeguata Carta Geologica; recentemente ha approvato le norme sul consumo del suolo e in questi giorni la Giunta sta esaminando le numerose osservazioni pervenute da amministrazioni locali, categorie produttive ed ordini professionali, associazioni ambientaliste e culturali, partiti e sindacati, al Piano Paesaggistico. Il Piano non è di facile lettura e sicuramente non aiutano alla sua comprensione (e condivisione) le pagine web desolatamente vuote del suo glossario, ma rappresenta sempre un prezioso documento conoscitivo e un non rinunciabile strumento culturale e gestionale in grado fra l’altro di intervenire concretamente nella prevenzione dei dissesti idrogeologici . E’ fortemente sentito che il Piano Paesaggistico, venga discusso ed approvato in tempi brevi, magari auspicando che fra le opportune modifiche, vi sia quella richiesta e motivata, fra l’altro, dalla Sezione Arcipelago Toscano di Italia Nostra , tesa a raggruppare in uno specifico Ambito i “paesaggi” delle Isole dell’ Arcipelago Toscano - sede di un Parco Nazionale –, per le loro peculiari caratteristiche naturali e storiche, e per le molteplici problematiche che l’insularità comporta in relazione alla salvaguardia ed uso del territorio, sviluppo sostenibile e garanzia dei servizi primari, quali sanità e continuità territoriale.
Beppe Tanelli
(già Ordinario di Georisorse e Ambiente nella Università di Firenze e Presidente del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano)