Ho già avuto modo di apprezzare il fatto che con il ritorno in edicola dell’Unità le questioni ambientali hanno trovato una nuova voce amica.
Tanto più importante perché si tratta del giornale del maggiore partito di governo che sull’argomento non ha finora mostrato di avere del tutto le carte in regola. Che il direttore del giornale provenga inoltre da una significativa esperienza ambientale oltretutto maturata in Toscana è sotto questo profilo una ulteriore garanzia.
Se non altro -e vedremo subito perché- questo consente finalmente di mettere più chiaramente a confronto anche le diverse posizioni che fino a questo momento pur presenti al governo, in parlamento e nelle sedi politico-istituzionali sono rimaste se non nascoste mai chiaramente esplicitate.
Vengo appunto all’esempio di pochi giorni fa.
In un ampio servizio del direttore dell’Unità non a caso intitolato La Grande bruttezza vi è un elenco impressionate di opere incompiute come dighe, impianti di energie pulite, banchine di porti, ospedali e molto altro. Insomma –tanto per fare un esempio-354 impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e 108 centrali di biomasse etc etc non sono andate in porto. Ora naturalmente si sta cercando giustamente di far ripartire le cose superando intoppi, abusi etc. Proprio in questi giorni si apprende su denuncia dell’on Bratti responsabile Pd delle politiche sui rifiuti che il DDL della ministra Madia anch’essa del Pd che si intende ripristinare il famigerato silenzio assenso proprio per quel tipo di interventi dei cui danni stiamo ancora pagando dazio.
Ma più significativo rispetto a quel tema più generale accennato all’inizio è l’ampio articolo di Ermete Realacci che segue di poche pagine quello del direttore dell’Unità; La qualità ci salva dal rischio Grecia. Qui sulla base di molti dati forniti da Legambiente e Unioncamere si elencano una serie di innovazioni, invenzioni dall’alimentare alle nuove catene di montaggio tanto che la nostra nuova industria ci rende unici al mondo. Questi elenchi letti dopo quelli sulla grande bruttezza risultano persino imbarazzanti.
Abbiamo addirittura ‘il primato mondiale per numero di persone servite dalla raccolta dell’organico.’ La terra dei fuochi e altre piacevolezze evidentemente riguardano altri territori e paesi. Ricorre spesso -ma non solo nell’articolo di Realacci- il termine ‘unici’. Siamo unici in una caterva di ambiti. Che in altri spesso siamo unici o quasi ma nei posti di coda è un altro discorso. Qui interessa notare invece le differenze che non sono quelle tra due facce della stessa medaglia. Infatti mentre dall’analisi di D’Angelis emerge chiaramente che ciò che non ha funzionato e non funziona è il governo del territorio anche in ambiti dove operavano e operano buone leggi nel campionario di Realacci si registrano i vantaggi di una greeneconomy che sta ridimensionando la Oldeconomy. Quello che non emerge è che esse ‘dipendono’ o comunque devono misurarsi con le politiche ambientali che si tratti di rifiuti, biomasse, agricoltura, cibo, solare o eolico. Il primo tempo del film resta quello ambientale che ovviamente faticherà molto meno a raccordarsi con le nuove politiche sostenibili che non con l’Ilva o la Terra dei fuochi.
Quel primo tempo va nuovamente girato e ampiamente rinnovato evitando le sortite della Madia ma anche assegnando al sistema istituzionale nel suo complesso un ruolo nuovo che non può certo essere quello del nuovo titolo V attualmente in discussione. Non è singolare che Realacci presidente di una commissione parlamentare non vi faccia neppure cenno?
Renzo Moschini