Negli ultimi anni l’attività dei parchi ha registrato una pesante caduta di immagine e di ruolo che ad un certo punto ne ha messo in forse il futuro. Ciò ha riguardato innanzitutto i parchi nazionali ma anche quelli regionali non potevano non risentirne come è regolarmente avvenuto. Si è cominciato con i finanziamenti considerati sempre più ingiustificati e comunque non sostenibili. Alle diffuse preoccupazioni ed anche proteste istituzionali –deboli- e delle associazioni ambientaliste più energiche, si è risposto innanzitutto negando la convocazione di una conferenza nazionale che avrebbe dovuto finalmente mettere i puntini sulle i. Si è preferito colpevolmente rifarsela con la legge 394 considerata ormai troppo vecchia e quindi bisognosa di modifiche senza le quali i parchi non avrebbero potuto fare quello che dovevano. Che si trattasse di una balla pretestuosa fu presto chiaro e le proposte di modifica presentate allora al senato lo confermarono chiaramente tanto da incagliarsi subito nonostante gli aiuti pervenuti inaspettatamente e inspiegabilmente anche dalla associazione dei parchi e da qualche forza politica che sulle aree protette aveva sempre operato senza superficialità e improvvisazione.
Il ministero dell’ambiente è di fatto sparito dalla scena incassando senza colpo ferire la sottrazione del paesaggio dalla pianificazione dei parchi colata a picco specie nei parchi nazionali e in particolare nelle aree protette marine che al senato si è cercato solo di sottrarre a qualsiasi competenza regionale. Già Ronchi aveva operato dannosamente per separarle dalla gestione delle aree protette terrestri specie se regionali ma le cose non sono cambiate se proprio in questi giorni si sta rinnovando il consorzio di gestione dell’area marina di Portofino che resta separata da quella terrestre di cui si sta cercando il presidente. Intanto l’UE chiede che le aree protette marine che al momento riguardano appena il 5,9% del territorio marino arrivino nel 2020 al 10%. Noi abbiamo parchi nazionali come quello dell’Arcipelago Toscano che da anni aspetta di sapere quale sarà la sua area marina allo ‘studio’ dai tempi di Matteoli. Lo scorso Novembre è stata approvata la Carta di Livorno che doveva riguardare soprattutto il santuario dei cetacei che non se la passava bene neppure prima di Schettino che resta però in attesa di sapere se la Cabina di regia nazionale esiste ancora visto che da anni non si muove foglia malgrado i problemi della tutela della biodiversità, della pesca, della navigazione che nel frattempo si sono aggravati. Se qualcuno l’avesse dimenticato qui abbiamo a che fare con parchi e aree protette che vanno dall’Arcipelago Toscano alle 5 Terre, da Portofino alla Maddalena, San Rossore, la Maremma.
Se ci affidiamo alle cronache, perché al momento non è possibile affidarci a qualcosa di meno estemporaneo se si escludono i documenti della Corte dei Conti che ci ricordano puntualmente che quasi tutti i nostri più importanti parchi nazionali sono senza piano, troviamo tutto e di più. Dalle trivelle agli elettrodotti, dalle navi che tra poco attraccheranno agli ombrelloni allo Stelvio, alla Marmolada fino al Monte Bianco dove circolano progetti che solo i testi del senato possono considerare ‘sostenibili’. Nell’anno dell’EXPO e dell’ Enciclica di Papa Francesco nonchè di alcuni importanti appuntamenti europei e internazionali sui temi ambientali per i parchi resta insomma buio pesto. Ma c’è dell’altro che dovrebbe indurci a riflettere meno sbrigativamente sul ruolo dei parchi.
Come si ricorderà già in occasione dell’incontro dei boy scout in San Rossore infuriò una polemica su questa scelta che alcuni esperti considerarono foriera di forti danni che avrebbero snaturato il ruolo e il futuro stesso del parco. Recentemente in alcuni ambienti culturali sensibili al ruolo dei parchi si è aperta una discussione se aveva senso che i parchi si impegnassero sul dotare alcuni prodotti del loro marchio di cui molto si è discusso anche all’EXPO.
Ma questa discussione un po’ singolare come alcuni hanno rilevato subito si è estesa addirittura all’ipotesi di fare une vera e propria lista dei parchi nazionale possono essere considerati VERI a tutti gli effetti. Non parliamo poi come si sta gestendo la vicenda degli ungulati –cinghiali in particolare -che stando ad alcune sortite anche istituzionali nazionali e regionali avrebbe i caratteri di une vero flagello che dovrebbe riaprire una nuova stagione di caccia con tanti saluti anche al ruolo delle aree protette.
E se tutto questo non bastasse a conferma che al peggio non c’è limite ecco la freschissima dichiarazione del presidente di Federparchi Giampiero Sammuri che non capisce perché l’idea di ridurre e di molto il territorio del parco della Vanoise che ha impianti di risalita griffati dovrebbe stupire. A lui infatti ‘vengono in mente parchi ( in Italia) che hanno al loro interno perfino aree industriali. Parchi risalenti al momento in cui era importante ‘’fare ettari’’, a prescindere, per raggiungere e superare il famoso 10% quando sarebbe stato in alcuni casi meglio scegliere aree più piccole, in modo più mirato’. Immagino quanto siano contenti gli amici del Parco del Gran Sasso che hanno lottato con successo per bloccare un impianto di salita nel loro territorio protetto.
Dinanzi ad un quadro tanto sconcertante sotto tutti i profili
appare sempre più chiaro che se non troveremo il modo e la via per una riflessione non sbrindellata nazionale politica, culturale e istituzionale dei parchi non andremo da nessuna parte. A partire però dal ruolo di Federparchi. Mi chiedo infatti come sia possibile accettare che l’associazione nazionale delle nostre aree protette sostenga simili bestialità. Di quale stagione parla Sammuri? Lo chiedo anche agli amici di Legambiente e del WWF che con Federparchi operano a stretto contatto di gomito ma anche ai parchi che lui rappresenta.
Renzo Moschini