Egregio Direttore Rossi,
grato dell’ospitalità preciso che l’atteggiamento benedicente non mi appartiene.
Resto dell’idea che se un Pino insigne minaccia di far crollare un muro aggettante in una strada già abbondantemente trascurata e dissestata, non trattandosi di albero monumentale, lo si possa sostituire con specie più idonea.
Circa la Processionaria, è noto ch colpisce reiteratamente specie del genere Pinus che non si trovano nel loro ambiente. E’ vero che si può intervenire ma lo si deve fare ad ogni attacco manifesto, con tempestività e una solerzia e competenza che mi capita di riscontrare raramente.
Per quanto riguarda gli aranci amari o Melangoli, non sono a conoscenza dei piani di un’Amministrazione che non ho l’abitudine di frequentare. In ogni caso Le espongo il mio parere. Si tratta di una bella pianta, adatta per giardini, per lo più privati, nell’ambito dei quali fa certamente la sua bella figura. Non la impiegherei per alberature stradali.
Sottolineo ancora e sempre, l’opportunità di dare spazio alle specie rigorosamente autoctone e tipiche degli orizzonti vegetazionali naturali locali.
Nulla so dei programmi ferraiesi, ma ribadisco un principio: sto normalmente dalla parte degli alberi.
Un saluto e un augurio di buon lavoro.
Silvano Landi
Gentile Dott. Landi
Preso atto delle differenti valutazioni (e/o sensibilità) sul destino dei pini isolani e campesi (e sul loro valore estetico - paesaggistico) mi rassicurano le sue altre risposte, a partire dalla inopportunità di mettere a dimora Aranci Amari lungo la pubblica viabilità (intento superato in sciocchezza solo dalla piantumazione del velenoso Albero dei Paternostri [Melia azedarach] nei giardini pubblici come si era fatto nel capoluogo elbano).
Specifico comunque di non essere un "Pasdaran del Pino", sono conscio ad esempio dell'errore madornale che si è commesso in epoche di rimboschimenti, saturandone monti e valli isolane, laddove andava favorita la ricostituzione di originari habitat. Non ho gridato allo scandalo quando ad esempio si è proceduto a diradamenti ed abbattimenti a Monte Perone.
Sto anche io dalla parte degli alberi a ragion veduta, e ritengo che si siano compiuti (e si compiano), in nome di una "nuova estetica dell'asetticità urbana", di una maniacale ricerca di una malintesa "pulizia", dei veri e propri delitti paesaggistici, abbattendo alberi che hanno impiegato decine e decine di anni per crescere, in ragione del trionfo del "sacro carro", per cementificare ed asfaltare sempre più, per avere più spazio dove indisturbati possano alloggiare o transitare, mezzi di trasporto sempre più individuali, sempre più inutilmente potenti, sempre più impattanti.
Circa i danni che queste piante, sulle quali si usa gratuita violenza, provocano o provocherebbero alle opere dell'uomo ed all'uomo stesso, occorrerebbe ragionare con un filo di razionalità.
Una delle scuse per gli abbattimenti delle alberate stradali, è il danno che gli apparati radicali provocano alle carreggiate ed ai manti, ma ci si dimentica che spesso la stessa compattezza e tenuta dei corpi stradali, specie su versanti tendenzialmente instabili come i nostri, è determinata dalla presenza di quelle piante, che rappresentano un presidio contro le frane ed i cedimenti.
Delicato il capitolo della supposta "insidia" costituita dalle piante, che non si può liquidare con la battuta "Hai mai visto un pino (o un paracarro) traversare una strada e provocare un incidente?" che pure ha un fondo di verità e perfino saggezza.
Nonostante faccia questo mestiere ormai da decine di anni, non ho messo il pelo sullo stomaco necessario ad accettare come acqua fresca le disgrazie stradali, non riesco ancora a trattarne senza emotiva partecipazione al dolore di chi perde un caro, e ancor di più quando è una giovane vita ad essere spezzata. Tuttavia a ferire ed uccidere non sono né la fatalità, né gli alberi, ma sempre fattori da cercarsi tra l'imperizia, l'imprudenza, la distrazione, la violazione delle norme, l'eccessiva ingovernabile potenza dei mezzi, la velocità con cui si transita.
Un esempio lo fornisce proprio la strada di San Giovanni che qualche "inclito bischero" vorrebbe privata della sua stupenda "galleria" di Pini, che peraltro, correndo la via sull'asse est-ovest, attutisce assai il pericoloso effetto abbagliamento del mattino e del tramonto.
Bene, da quando è in funzione il per altri versi vituperato semaforo del Bivio di Colle Reciso, la cui sola presenza ha drasticamente ridotto le velocità di percorrenza del piano, i sinistri con con più gravi esiti sono diminuiti in maniera sensibilissima, dopo che per un ventennio e passa (li ho contati per mestiere) avevamo rilevato la spaventosa media di almeno un decesso l'anno su quei due km di strada.
Ad uccidere allora erano gli alberi o la velocità?
La ringrazio dott. Landi di avermi risposto e dato occasione di scrivere cose che mi stavano a cuore.
sergio rossi