Un tempo era il centro di ripopolamento selvaggina della ex Comunità montana, sul monte Calamita. Da molti anni è abbandonato in malora.
Oggi sono ettari di terreno recintati lasciati alla vegetazione.
Ma soprattutto è lo sfacelo delle strutture a colpire. Baracche degli attrezzi pericolanti, e le piccole gabbie della selvaggina ormai ridotte a rottami.
A questo punto c'è da chiedersi il senso di un'area del genere non più utilizzata. Almeno per il decoro i manufatti potrebbero essere totalmente rimossi.
Oppure...
Modesta proposta:
Perché non sottoporre questa area a una tutela integrale? Essendo intaccata dall'uomo da più di un decennio potrebbe essere interessante mantenerla allo stato selvaggio per tutelare un pezzo dello straordinario ambiente della penisola di Calamita senza interferenze. Potrebbe inoltre rappresentare un ambiente di studio privilegiato, per esempio per un censimento delle specie botaniche del promontorio. Sempre fatta salva la totale rimozione dei manufatti umani.
La recinzione, ancora adesso in perfetto stato, ha inoltre impedito l'accesso dei cinghiali, ponendo così le sue specie vegetali al sicuro dall'attacco di questi flagelli. Soprattutto rappresentando una preziosissima oasi per le orchidee, che trovano proprio nella penisola di Calamita un mirabile santuario, ma sono costantemente minacciate dai danni degli ungulati, come tutto intorno a questa area si nota. E anzi, proprio questa zona protettissima potrebbe essere destinata a dimora tutte le specie di orchidee rare del Calamita, crescendo così nel loro ambiente e senza alcuna minaccia.
Andrea Galassi