Almeno a sentire la risposta che l’assessore regionale toscano all’Agricoltura, con delega alle politiche per il mare della toscana, Marco Remaschi, ha dato ad un’interrogazione Claudio Borghi (Lega Nord) riguardante la cessione di acque territoriali italiane alla Francia al largo delle isole dell’arcipelago toscano, Massimo Pili, il deputato di Unidos ed ex presidente di centrodestra della Regione Sardegna, si sbagliava quando diceva che il Governo italiano avrebbe “ceduto” il mare al nord della Sardegna in cambio della tutela dell’arcipelago toscano; e che « il Governo ha ignorato i diritti dei sardi e ha pensato alla tutela dell’arcipelago toscano cui è interessato il Presidente del Consiglio dei ministri»,
Infatti, secondo Remaschi, «Sono state cedute porzioni di superficie marina per 339,9 kmq e acquisite per 23,85 kmq con una diminuzione di 316,05 kmq». L’assessore regionale ha precisato che «la superficie marina ceduta è davanti alle coste toscane, all’isola di Capraia, mentre quella acquistata si trova davanti alle isole d’Elba e di Pianosa» ed ha aggiunto che «Le risorse contenute nel tratto di mare interessato (Santuario per i mammiferi marini) sono di altissimo pregio naturalistico. L’accordo Italia Francia sembra penalizzi in maniera rilevante il settore della pesca professionale marittima». Quindi le accuse di Pili a Renzi di voler favorire i pescatori toscani a detrimento di quelli sardi non sono fondate, tanto che Remaschi ha sottolineato che «la Regione Toscana non è mai stata messa a conoscenza dell’accordo firmato, ma ancora non ratificato, e che tale materia è di esclusiva competenza statale», ma Remaschi ha comunicato di aver chiesto un incontro urgente al ministro degli esteri Paolo Gentiloni per fare chiarezza sulla vicenda.
Il leghista Borghi, portavoce dell’opposizione di centro-destra nel consiglio regionale della Toscana, si è detto soddisfatto della risposta dell’assessore del PD ma non di quello che sta succedendo a livello nazionale e internazionale: «E’ possibile cedere territorio dello Stato senza nessun tipo di coinvolgimento degli organi democratici?» si è chiesto e, dopo aver ringraziato l’assessore del chiarimento, ha annunciato: «Adesso parte ogni tipo di iniziativa a livello regionale e poi nazionale per far sì che l’accordo non venga ratificato e perché non venga ceduto nemmeno un centimetro del territorio italiano».
La vicenda del cambiamento dei confini marittimi si fa sempre più intricata perché, a questo punto è difficile capire che cosa riguardi davvero il trattato sui confini marittimi, ratificato dal Parigi, ma non ancora da Roma, firmato quasi un anno fa, il 21 marzo 2015, a all’Abbaye aux Dames de Caen, in Basse-Normandie, dal nostro ministro degli esteri Gentiloni e dal suo collega Laurent Fabius e secondo il quale, in cambio della “Fossa del Cimitero” al largo delle coste liguri e dei aree marine al nord della Sardegna, l’Italia avrebbe dovuto ampliare la sua sovranità marittima nel Canale di Corsica, al largo delle isole d’Elba e di Capraia, mentre ora l’assessore Remaschi dice che, anche in quell’area, il saldo netto è a sfavore dell’Italia e della Toscana.
Inoltre, a complicare ulteriormente le cose, c’è anche l’accordo annunciato il 6 novembre 2015 dalla ministro dell’ecologia, sviluppo sostenibile ed energia della Francia, Ségolène Royal, per proteggere il Canale di Corsica e «mirante a rafforzare rapidamente la sicurezza del trasporto marittimo nel Canale di Corsica». La Royal, dopo essersi incontrata con il nostro ministro dei trasporti Graziano DElrio, aveva evidenziato che «Il dispositivo proposto punta a ridurre i rischi di incidenti in una zona molto sensibile dal punto di vista ambientale. Permetterà di allontanare il traffico delle navi commerciali dalla costa e di separare i flussi in risalita e in discesa. Grazie ad una vigilanza accresciuta, permetterà una reazione migliore e più rapida in caso di urgenza». In un comunicato la Royal sottolineava che «Conformemente ai miei impegni, i negoziati condotti con il governo italiano hanno portato all’adozione di uno schema di regolamentazione del traffico marittimo nel canale di Corsica che comprende: l’allontanamento del traffico di navi passeggeri che servono Bastia a 3,5 miglia nautiche (6,5 km) dalla costa di Capo Corso e delle altre navi commerciali a 5 miglia nautiche (9,3 km) dalla costa. La creazione di un corridoio di 8 miglia nautiche (14,8 km) di lunghezza con separazione dei flussi delle navi da commercio che risalgono e discendono e di due zone di attenzione a nord e a sud del dispositivo». Quindi i nuovi confini marittimi tra Italia e Francia nel Canale di Corsica dovrebbero coincidere con quanto firmato da Royal e Delrio,
Intanto Legambiente è preoccupata per le insistenti voci secondo le quali l’accordo riguarderebbe anche l’estrazione offshore di idrocarburi in Sardegna e il responsabile mare di Legambiente Toscana, Umberto Mazzantini, teme che si possa riaffacciare la malsana idea di ricercare gas e petrolio tra Pianosa e Montecristo. «Grazie ad una mobilitazione cha coinvolse anche amministrazioni comunali, cittadini e turisti – ricorda Mazzantini – riuscimmo a respingere i tentativi di una multinazionale australiana di trivellare nel bel mezzo del Santuario internazionale dei mammiferi marini Pelagos. Contro le trivellazioni offshore nell’Arcipelago Toscano prese posizione anche il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi e alla fine l’allora ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo, rispondendo alle nostre sollecitazioni, disse che non se ne sarebbe fatto niente. Le nuove ipotesi di trivellazione del mare sardo, che comunque mettono a rischio anche il mare toscano, possono riaprire la partita anche in Toscana, per questo nei prossimi giorni chiederemo a Rossi, alla Regione, alle forze politiche ed economiche di esprimersi con decisione per il Sì al referendum del 17 aprile, per dire No ad ogni tentazione di trivellare il mare della Toscana».