«La maggior parte delle estinzioni dei vertebrati insulare potrebbero essere evitate», è la consolante conclusione a cui giunge lo studio “Past and estimated future impact of invasive alien mammals on insular threatened vertebrate populations” pubblicato su Nature Communications da un team di ricercatori guidato da Erin E. McCreless, del Long Marine laboratory del Department of ecology and evolutionary biology dell’università della California – Santa Cruz e al quale hanno partecipato anche ricercatori di Island Conservation, della Noaa Fisheries, di BirdLife International e del Csiro – Australia.
Riassumendo lo studio, Heath Packard di Island Conservation, ricorda che «Otto su dieci estinzioni di specie si sono verificate sulle isole, e mammiferi invasivi sono la ragione principale per tali perdite. Attualmente, il 40% delle specie a rischio di estinzione globale vivono su un’isola. Il controllo e l’eradicazione delle specie invasive sono strumenti di conservazione altamente efficaci, ma agli scienziati della conservazione sono mancati gli strumenti per identificare dove questi sforzi avranno il maggiore impatto. Il nuovo studio colma questa lacuna». Nello studio, il più completo del suo genere, gli scienziati statunitensi analizzano i modelli globali delle estinzioni dei vertebrati insulari e sviluppano modelli predittivi per aiutare a identificare i luoghi in cui gli interventi di conservazione forniranno i maggiori benefici alla biodiversità insulare minacciata.
Gli esseri umani hanno introdotto nelle isole tutto il mondo diverse specie aliene: dai roditori agli erbivori come le capre e ai predatori come i gatti rinselvatichiti e le volpi, questi invasori hanno decimato le specie autoctone ed hanno mutato interi ecosistemi insulari. Allo stesso tempo, le isole sono hotspot della biodiversità e spesso ospitano specie rare e uniche che non si trovano in nessun’altra parte del mondo.
McCreless sottolinea che «Il controllo delle popolazioni di mammiferi invasivi, o eradicarli interamente dalle isole, è uno strumento molto efficace per la conservazione delle specie e degli ecosistemi insulari e queste azioni hanno contribuito notevolmente alla ripresa di molte specie insulari minacciate. Tuttavia, i dollari per la conservazione sono limitati ed è importante che gli sforzi per la gestione dei mammiferi invasivi sia concentrata sulle isole dove si andrà più avanti nella conservazione della biodiversità autoctona insulare, Fino ad ora, gli scienziati di conservazione hanno scelto le isole per la gestione del mammifero invasivi in gran parte in base alla necessità di proteggere una particolare specie autoctona, o su ipotesi più ampie su come le specie native hanno più probabilità di essere colpite.Ad esempio, i ratti invasivi sono spesso eradicati nelle isole, dove sono stati visti mangiare uccelli nativi e le loro pulcini. Tuttavia, mentre questi sforzi di conservazione aumentano a livello mondiale, gli ambientalisti devono adottare un approccio più strategico e scegliere le isole sulla base di una comprensione più completa e su più vasta scala di come diversi mammiferi invasivi influiscono sulle specie autoctone in diversi tipi di isole di tutto il mondo».
I ratti hanno maggiori probabilità di causare estinzioni di uccelli sulle isole più piccole, più fredde, o più umide rispetto ad altri tipi di isole? I rettili autoctoni sono più vulnerabili agli impatti dei maiali che a quelli di ratti e dei gatti, e su quali tipi di isole sono stati più forti? Secondo Packard, «Rispondere a queste domande può aiutare gli scienziati a capire le sfumature degli impatti dei mammiferi invasivi sulle isole in tutto il mondo e, quindi, ad utilizzare queste informazioni per indirizzare le risorse limitate in luoghi in cui gli sforzi di gestione avranno i maggiori benefici per le specie autoctone».
Il nuovo studio del team di McCreless, colma molte delle lacune della conoscenza analizzando il Threatened Island Biodiversity database, sviluppato recentemente, riguardante le specie autoctone minacciate e mammiferi invasivi insulari. McCreless spiega ancora: «Abbiamo analizzato, per la prima volta su così larga scala, i modelli globali delle estinzioni dei vertebrati insulari in relazione ai diversi tipi di mammiferi invasivi e alle condizioni fisiche dell’isola». Lo studio ha compreso più di 1.200 specie di vertebrati, estinti o globalmente minacciati, che vivono (o vivevano) su oltre 1.000 isole in tutto il mondo e gli autori dimostrano che «Solo alcuni tipi di mammiferi invasivi – ratti, gatti, maiali, manguste, e donnole – che sono più fortemente legati alla scomparsa di specie autoctone e di estinzione a livello insulare.
Packard scrive che «E’ importante sottolineare che lo studio dimostra che gli effetti di ogni mammifero varia ampiamente sia per il tipo di specie autoctone che vengono colpite (anfibi, uccelli, rettili, o mammiferi autoctoni) che per le condizioni delle isole in cui vivono». Il team guidato dai ricercatori dell’università della California – Santa Cruz ha utilizzato approcci di modellazione per prevedere come l’eradicazione dei mammiferi invasivi su diverse isole potrebbe ridurre il rischio di estinzione per le specie minacciate. Donald Croll, professore di ecologia e biologia evolutiva all’Università della California. Santa Cruz, dice che «Uno dei tanti esempi, ha dimostrato che la rimozione dei mammiferi invasivi in piccole isole aride potrebbe dimezzare il rischio di estinzione per gli uccelli e i mammiferi nativi minacciati, ma con questo metodo sulle grandi isole piovose possono avere meno vantaggi. Questo tipo di informazione è fondamentale per i conservazionisti che cercano di decidere dove spendere i fondi limitati».
Infine, lo studio mette in evidenza il livello globale della minaccia da mammiferi invasive sulle isole e il potenziale degli sforzi di gestione per attenuare queste minacce: «Siamo stati in grado di stimare che fino al 45% delle popolazioni di vertebrati globalmente minacciate sulle isole possono essere eradicate, in assenza di interventi di conservazione, ma che avere come obiettivo il controllo e l’eradicazione dei mammiferi invasivi potrebbe impedire il 41 – 75% di questi estinzioni future previste – dice McCreless – Questa è una conoscenza essenziale sia per i conservazionisti che per i finanziatori».
Anche un altro dei coautori, Nick Holmes, direttore scientifico di Conservation Island, è convinto che lo studio fornisce preziose indicazioni per gli interventi di conservazione della sua e di altre organizzazioni e conclude: «Questo aiuterà di tutta la comunità del ripristino insulare nella pianificazione della conservazione. Ma, cosa più importante, questo è un passo essenziale verso l’identificazione e l’azione per prevenzioni di estinzione estremamente convenienti per le specie più vulnerabili del nostro mondo».