Tra i tanti problemi che stanno sempre più emergendo dalle vicende ambientali del nostro paese -e non mi riferisco solo ai disastri e tragedie-a me sembra spicchi sempre più l’esigenza di aggiornare studi e ricerche. Che si tratti di frane, smottamenti, allagamenti, navigazione, gestione di fiumi, boschi, pesca, gestione fauna, paesaggio, coste marine, Alpi, Appennino, piccole e grandi isole, a partire dal parlamento e via via calando alle regioni, ai comuni (non parliamo delle province) ma anche organi specializzati come i parchi e le aree protette, ci si accorge subito -spesso tra polemiche anche quanto mai sgradevoli- che non disponiamo di conoscenze adeguate e aggiornate di troppe realtà. Gli esempi sono innumerevoli e anche recenti. Il che in molti casi ci fa ricordare anche polemiche persino sfottenti contro chi rivendicava e rivendica seri piani sul paesaggio, di bacino o dei parchi, di cui spesso si sono perse le tracce, ma di cui in moltissimi casi si sono conosciuti e pagati i gravi effetti. Non ho dimenticato, ad esempio, quando un presidente del consiglio liquidò talune iniziative dedicate a questi temi come mere occasioni per sbafare qualche pasticcino. Della serie insomma un Si basta e avanza più di tante riflessioni.
Ecco perché oggi bisogna, a partire dalle leggi, che si tratti della protezione civile, della tutela ambientale a terra come a mare, dei parchi o dei bacini idrografigi da cosa urge concretamente cioè politicamente in grado cioè di coinvolgere su un piano di pari dignità tutti i soggetti istituzionali, tanto più dopo che con il referendum abbiamo evitato di penalizzare istituzioni come quelle regionali sulle quali grava oggi un peso enorme da sostenere e aiutare seriamente e non punire stupidamente. E non si dica che le istituzioni non sono riuscite mai o quasi a portare a casa granchè perché quando con la legge 394 dai vincoli delle sovraintendenze –cioè dai meri divieti si passo alla pianificazione con la quale si doveva dire cosa andava fatto e non solo impedito il contesto cambiò e non di poco. Per la prima volta, infatti, tanto per fare un esempio si mise mano alla Carta della Natura prevista dalla legge sui parchi la nostra natura divenne oggetto di studio e classificazione purtroppo persasi presto per strada.
La conclusione di questa riflessione è piuttosto semplice; le istituzioni e tutti coloro impegnati oggi in queste vicende niente affatto semplici, dovrebbero tornare a impegnarsi perché dalle polemiche destinate solo ad invelenire le situazioni si torni o si riesca finalmente ad operare con responsabilità, competenza e disponibilità per fare meglio le cose.
In concreto questo significa, ad esempio in Toscana, dove abbiamo buone e valide tradizioni al riguardo –vedi i comitati scientifici dei nostri parchi regionali in cui sono impegnate le nostre Università- a rilanciare sedi e strumenti come il Centro Giacomini in San Rossore.
Anche il recente piano paesistico regionale si è avvalso dell’importante contributo del mondo della ricerca come ben documenta il libro La STRUTTURA DEL PAESAGGIO Una sperimentazione multidisciplinare per il piano della Toscana a cura di Anna Marson Edizioni Laterza.
Insomma se vogliamo non ci mancano sedi e strumenti.
Renzo Moschini