Fino al Referendum le politiche ambientali anche in regioni come la nostra erano finite del tritacarne del nuovo Titolo V.
Nonostante il No dopo le cose sono se possibile peggiorate senza che finora si capisca cosa bolla in pentola.
Il tutto reso più confuso e caotico da una situazione parlamentare e politica sempre meno sotto controllo. Il contesto europeo ci mette inoltre -e neppure poco- del suo.
Esemplare sotto questo profilo quel che è accaduto nel rapporto con l’associazionismo ambientalista dove si è era riusciti con grande fatica a riaprire un confronto positivo anche in sede parlamentare –ma non, tanto per cambiare,- con il ministero dell’ambiente.
Le speranze infatti sono durate lo spazio d’un mattino tanto che le cronache parlano di grande rilancio della caccia un po’ dappertutto, di varie proposte di riduzione dei confini anche di parchi storici come i Colle Euganei e non solo, di parchi rimasti sulla carta danni in Sardegna e da varie altre parti, di un assetto idreogeologico dei cui piani si sono perse notizie dalla notte dei tempi. E qui la politica già incasinatissima si sta caricando –quasi non bastasse- di sgambetti congressuali ed elettorali della serie chissenefraga delle conseguenze. Persino in Toscana con la scusa dei caminetti e dei gazebo la Regione sta trovando nuovi pretesti per spaiare anziché raccordare gli interventi sul territorio. Anche da noi i parchi, i bacini, le coste, le isole, le montagna e le colline di leggi ne hanno abbastanza e quasi sempre ottime. Ed hanno pure ottimi documenti come la Carta di Livorno peccato che restano appunto carta.
Eppure quando ci si muove che si tratti del Parco di San Rossore o le proposte per rinnovare e rilanciare il Parco delle Apuane ci si azzecca basta non mettere subito il freno.
Renzo Moschini