Purtroppo l'ondata di maltempo che si è abbattuta sulla Toscana, in particolare nella solita provincia di Massa Carrara ed in Maremma, ha lasciato sul campo delle vittime, numerosi danni al territorio, considerazioni di addetti ai lavori e uno strascico di polemiche. Greenreport ha chiesto a Federico Gasperini, coordinatore della commissione acqua e difesa del suolo di Legambiente Toscana un'opinione su quanto avvenuto. «Innanzi tutto - ha esordito Gasperini - Legambiente è vicina alle famiglie delle vittime e a quanti hanno avuto danni ad abitazioni ed attività produttive e a chi in queste ore sta affrontando grandi disagi. Ed è giusto anche sottolineare l'operato della "macchina" della protezione civile, costituita anche da molti volontari che come sempre stanno lavorando in modo egregio. Per quanto riguarda l'analisi dobbiamo ripetere cose che diciamo e scriviamo da almeno vent'anni, anche se ci sono da valutare gli elementi di novità»
Quali sono?
«Molti dei corsi d'acqua esondati in queste ore, un mese fa erano praticamente in secca e nei dieci mesi passati la Regione Toscana è stata colpita da una siccità straordinaria, la terza in dieci anni. I volumi d'acqua caduti in poche ore prima arrivavano al suolo in mesi. Questi sono dati di fatto e la tendenza, come ci spiegano i climatologi sarà questa per i prossimi 80-100 anni».
E' evidente che non siamo pronti per affrontare gli eventi estremi...
«No infatti. È il sistema-Paese che non è pronto: non stiamo rispondendo agli effetti dei cambiamenti climatici con una strategia di adattamento, come ci chiede l'Europa. Auspichiamo che la nuova pianificazione di distretto - che dovrebbe essere elaborata dalle Autorità di bacino nazionali entro il 2015, secondo le scadenze europee - preveda la gestione del rischio alluvioni anche per eventi estremi come le "bombe d'acqua" che hanno tempi di ritorno molto brevi. Ma si tratta di pianificazione. Bisogna vedere poi come viene governato e gestito il territorio. Perché gli effetti che si hanno quando l'acqua arriva a terra diventano devastanti, molto frequentemente, a causa delle responsabilità umane. E quando vengono ben individuate bisogna denunciarle, come ha fatto ad esempio ieri il nostro circolo di Carrara. Il territorio è fragile perché violato dal cemento, dall'incuria, dallo sprawl edilizio, dall'abusivismo condonato, dal soffocamento dei fiumi che non hanno più spazio che però talvolta si riprendono provocando i danni che abbiamo visto in queste ore. Del resto lo stesso sindaco di Carrara ha denunciato il tombamento di molti torrenti come concausa del disastro».
Ma gli amministratori locali non sono tra i primi responsabili?
«Certo, sono responsabili per uno sviluppo urbanistico scriteriato in molti casi fatto scientemente per inseguire il consenso e le risorse degli oneri di urbanizzazione, sono responsabili quando, come enti attuatori non portano a termine le opere previste dalla pianificazione per la riduzione della pericolosità idraulica, sono responsabili quando chiedono sul loro territorio una riclassificazione delle aree a rischio, a fronte di un avvenuto consolidamento di un argine, per poter costruire. Ma il consenso viene dato dai cittadini elettori che non sono avulsi da responsabilità quando appoggiano un certo tipo di sviluppo anche per propri interessi pur legittimi, per poi chiedere soldi alla collettività quando vanno sott'acqua».
I geologi hanno ribadito che è necessario procedere alle delocalizzazioni delle strutture in aree a rischio: cosa ne pensate?
«Si tratta di un vero intervento di prevenzione che Legambiente chiede da tempo. Impiegare risorse economiche pre-evento per delocalizzare, invece di utilizzarne molte e molte di più nel post-evento per riparare i danni. Sarebbe un cambio di paradigma epocale. Però per portarlo avanti servirebbe molto coraggio e forza politica da parte degli amministratori, viste le resistenze che troverebbero sul territorio».
La Regione Toscana, dopo l'alluvione in Lunigiana dello scorso, ha emanato il divieto di costruire in aree ad alto rischio, poi inserito nella Finanziaria. Rossi allora ha avuto coraggio?
«E' un'iniziativa che abbiamo molto apprezzato e che ha avuto il consenso dell'Anci, ma è stata contrastata da alcuni amministratori locali, alcuni proprio del territorio grossetano. Legambiente ha condiviso meno invece gli interventi del post evento in Lunigiana. Mi riferisco a quelli sul Magra dove l'approccio è stato di tipo "tradizionale" con argini, escavazioni e devegetazioni, forse per venire incontro alle richieste degli amministratori locali appoggiati da una parte della cittadinanza. Si ritorna al discorso di prima».
Rossi ha chiesto al governo una legge speciale e finanziamenti per la Toscana, appoggiate questa iniziativa?
«Ci vogliono risorse per riparare i danni ingenti, risorse che la Toscana non può accollarsi interamente. Ma al di là delle spese per uscire dall'emergenza, è necessario capire da subito quale strada si intende intraprendere. La via della prevenzione è l'unica che Legambiente appoggia ed è disposta a discutere su come realizzarla. Sono necessari elementi di discontinuità nella cura del territorio ancora libero, nella gestione degli ecosistemi fluviali che devono essere riqualificati, nell'attuazione delle delocalizzazioni di edifici da aree ad alta pericolosità, sapendo che la sicurezza assoluta non esiste. Può apparire assurdo in queste ore ma il tema della difesa del suolo, come quello collegato del governo sostenibile della risorsa idrica, non sono ritenuti prioritari, almeno a livello centrale (e sinceramente, fino a ieri, neanche in Toscana). Ora la Regione potrebbe essere protagonista di un "green new deal" del territorio, opportunità anche per rilanciare l'economia e l'occupazione in senso sostenibile».
Legambiente