I “laghetti rossi” sono diventati il simbolo delle miniere elbane e compaiono nella World Heritage List of Geological Dites dell’Unesco. Salvare e valorizzare queste emergenze è una sfida che va raccolta e vinta.
La cancellazione dei laghetti è una bestialità. Da bonificare, infatti, non sono i laghetti bensì le vecchie e nuove discariche illegali di rifiuti (a quale tipologia appartengono questi rifiuti?).
Chi, adesso, mi zittisse dicendo “mancavano solo gli archeologi a occuparsi di bonifiche…” avrebbe ragione da vendere in quanto non ho nessuna competenza ecologica. Da cittadino, trovo tuttavia sacrosanto quello che dice Legambiente e la condivido appieno.
Da cittadino sono convintissimo (e ancor più lo sarei se fossi amministratore o imprenditore-promotore del turismo) che i laghetti siano icone grandi del paesaggio elbano e simboli forti del passato minerario, circolanti in ambiti diversificati: geologia, ambiente, escursionismo, mountain bike, sport outdoors, agonismo, famiglie.
E’ vero, quello che dice Legambiente: ricoprire completamente i laghetti rossi sarebbe cancellare un pezzo di storia e bellezza. Non voglio neanche commentare la possibilità che nella zona possano emergere destinazioni di uso settoriali che hanno sul turismo un impatto devastante: da una parte arrivano gli enduristi, dall’altra si perdono tutti gli altri, ovvero un turismo rispettoso, sostenibile e, spesso, anche fidelizzato.
Le parole d’ordine sono sempre le stesse: tutela, ricerca, valorizzazione, comunicazione, condivisione: “l’area mineraria ha bisogno di un progetto vero, condiviso, sostenibile, che guardi al futuro non cancellando le radici del passato”.
L’archeologia industriale sta diventando un attrattore potente in molti altri comparti della Toscana: Campiglia, Follonica, Monte Amiata. Sarebbe veramente ridicolo, oltre che dannosissimo in termini di ricadute, che l’Elba, isola nota dal IX secolo a.C. per le sue ricchezze minerarie, rimanesse fuori da questa filiera e non potesse mettere a frutto queste formidabili opportunità.
Mi unisco a Legambiente e a tutti coloro che fanno tutela, ricerca e comunicazione dei beni culturali all’Isola d’Elba, nel chiedere al Comune di Rio Marina e al Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano “di aprirsi al confronto e all’ascolto dei cittadini, delle associazioni e delle categorie economiche che hanno idee per la valorizzazione”. Chiedo al Comune di Rio Marina di convocare Consiglio di Amministrazione e Comitato Scientifico del Parco (del quale faccio parte), congiuntamente, al più presto.
Facciamolo un Parco e che sia un parco vero. Ma, ancora una volta, le amministrazioni tacciono. Perché?
Franco Cambi
Università di Siena