Cari amici di Elbareport e di Legambiente. Leggo delle bufale sulle capre di Montecristo "decimate" dalla derattizzazione: ci sarebbe da ridere se non fosse che la "questione capre" merita migliore attenzione. Sulla capra di Montecristo si è scritto molto e lo stesso sito del PNAT rileva che l'originale ceppo selvatico è stato ampiamente "inquinato" (dal punto di vista genetico) nel corso dei secoli (fino alle recenti introduzioni della Real Casa, a scopo venatorio).
Quanto agli impatti di tali animali, lo stesso sito del PNAT ci conferma che:
"Le esigenze alimentari della capra selvatica hanno impedito il rinnovamento del leccio (Quercus ilex), poiché cibandosi delle ghiande e piantine di questa specie vegetale ne ha ridotto fortemente la presenza sull’Isola, contribuendo a modificare uno dei più caratteristici ambienti insulari italiani.
Nell’isola di Montecristo la capra selvatica è priva di nemici naturali e la mortalità è legata a fattori climatici, che colpiscono individui debilitati ed ammalati, oppure a cadute accidentali. Dopo la costituzione della Riserva Naturale (1971), la popolazione di capra di Montecristo è aumentata fino a contare circa 300-350 individui agli inizi degli anni ‘80. E’ comunque necessaria l’attuazione di un programma che stabilisca un equilibrio tra la popolazione caprina e la vegetazione autoctona in modo da evitare danni causati da una eccessiva azione di pascolo."
In altre parole, sarebbe il caso di avviare una seria riflessione sullo status, gli impatti e gli interventi necessari in merito alla gestione di questa popolazione.
Alessandro Giannì
Direttore delle Campagne di Greenpeace Italia
(foto Umberto Segnini)