Mentre ringrazio per la pubblicazione della mia nota del 14.06.2017 “dissalatore, la vera soluzione?” riguardante il rifornimento idropotabile dell’Isola d’Elba vorrei allargare il ragionamento partendo da lontano e cioè da realizzazioni già compiute o in corso di ultimazione dalle quali si possono trarre utili indicazioni.
Nella figura allegata figura lo schema delle opere MOSAV che rappresentano una rete acquedottistica principale in gran parte già realizzata ed avente lo scopo di collegare idraulicamente tra di loro e con le fonti principali un insieme di acquedotti veneti con uno scopo ben preciso di dare sicurezza ed economia ad un servizio importante come quello idropotabile. Parlando come esempio di due città che conosco bene e cioè Padova e Venezia posso assicurare che, anche prima della esecuzione di tali opere, le due città godevano di ottimi acquedotti alimentati da fonti importanti ed abbondanti che non hanno mai dato problemi di nessun genere almeno a partire dei primi anni del secolo scorso. Ciononostante le autorità competenti si sono ritenute in obbligo di costituire questa enorme e razionale rete di sicurezza pronta non solo ad entrare in funzione qualora un incidente imprevisto mettesse in crisi una qualunque delle città collegate ma altresì a favorirne i normali interscambi di portata in modo da razionalizzarne il servizio dal punto di vista tecnico, ambientale ed economico. E’ logico che quando in Veneto si costruiscono opere acquedottistiche importanti esse non possono partire se non hanno la caratteristica essenziale di essere conformi al citato piano generale, al progetto complessivo che esiste e e detta le regole ed i costi di costruzione ed anche di esercizio.
Se vogliamo paragonare il MOSAV indicato con la situazione dell’Isola d’Elba io non metto in dubbio che esistano piani similari anche in Toscana piani che comprendano, almeno nelle sue linee generali, le opere acquedottistiche ma cosa accade nella realtà?
La situazione è ben diversa da quella veneta descritta sopra. All’Elba non esiste nemmeno l’ombra di quella sicurezza cui accennavo per Padova e Venezia, all’Elba siamo con la spada di Damocle sopra la testa, col pericolo che la Val di Cornia entri in crisi, che la condotta sottomarina si rompa. Non parliamo dei costi di produzione dell’acqua sottoposta a trattamenti costosissimi per eliminarne le sostanze inquinanti in particolare boro ed arsenico e e per il trasporto alle lunghe distanze tra Val di Cornia ed Elba, non parliamo dei costi ulteriori che salteranno alle stelle con la desalinizzazione dell’acqua di mare. E cosa si sta facendo per la sicurezza? Ci si perde in argomenti che, paragonati al MOSAV veneto, non rappresentano nulla. A mè sembra che attraverso gli anni non si sia seguita affatto una strategia generale valida ed infatti ricordo bene le seguenti decisioni: un tempo si parlava di due bacini artificiali da realizzare Pomonte e Patresi. Poi si è progettato che non servivano i due bacini ma che si sarebbe provveduto semplicemente rinforzando fonti e pozzi. Quindi si è fatto il progetto dei 21 laghetti con i quali costituire una riserva di oltre due milioni di mc d’acqua ed ultimo in ordine di tempo non più i laghetti ma i dissalatori di Mola.
Quello che più mi impressiona è il fatto che, in una situazione di effettivo pericolo di gravi crisi nell’approvvigionamento idrico dell’Elba, si stia brancolando, che tutte queste decisioni non facciano parte di una strategia generale valida in base alla quale tra pochi o molti anni L’Elba veda risolti veramente i suoi grandi problemi del rifornimento idropotabile.
A me sembra che prima di tutto dovrebbe essere comunicata ai cittadini, ammesso che esista un elaborato, un progetto generale approvato che delinei con sufficienti dettagli tecnici, economici ed ambientalistici, la strategia generale da seguire, mentre a mio avviso ci si sta invece perdendo in troppe direzioni.
Mi auguro di sbagliarmi del tutto e di vedere quanto prima pubblicato qualche elemento della strategia medesima con cui gli animi degli elbani molto preoccupati si mettano in pace.
Marcello Meneghin