Vele Spiegate lo aveva promesso: Mola, la più importante zona umida dell'Elba, sarebbe stata la sorvegliata speciale della campagna di pulizia, avvistamento di rifiuti galleggianti e citizen scienze della quale Il Tirreno è media partner.
Promessa mantenuta, visto che i nuovi volontari del Cigno Verde sono sbarcati per la terza volta dal Gwaihir su quella che uno di loro ha definito «senza dubbio una delle zone più interessanti dal punto di vista turistico e paesaggistico dell'isola», ma dove hanno trovato un paradiso dell'avifauna assediato dai rifiuti, dall'incuria e dalla siccità. Mente i due precedenti campi, formati da minorenni, si sono dedicati alla pulizia di rifiuti "leggeri", il quinto campo era costituito da maggiorenni che hanno affrontato attività molto più pesanti.
«Gli interventi erano volti da un lato a ripristinare l'accesso al sentiero alla zona umida di Mola, ostacolata dall'incontrollata proliferazione del canne - dice una volontaria - dall'altro a ripulire la spiaggia oltre il canale».
E qui i volontari di Vele Spiegate hanno trovato nuovamente una situazione sconcertante, ma si sono rimboccati le maniche e indossati guanti hanno iniziato a raccogliere i rifiuti che spuntavano da ogni dove. «Tra i reperti più emblematici dell'inciviltà - spiegano - si è aggiudicato il primo premio una barca abbandonata full optional compresa di sofà». Mola ha confermato di essere in grave pericolo e non solo per i rifiuti e il parcheggio e l'ormeggio selvaggi in una zona B di un Parco nazionale: «A giugno - come ricorda Umberto Mazzantini, responsabile Mare di Legambiente Toscana -. i prelievi di Goletta Verde a Mola hanno confermato una situazione intollerabile in un'area così importante e delicata, che ha bisogno immediatamente di una vera protezione, di cartellonistica adeguata e di un'opera di ripristino ambientale che inizi proprio dall'individuazione di chi inquina i preziosi fossi di Mola attentando alla sua biodiversità fragile e unica».
Il quinto campo di Vele Spiegate rappresenta il giro di boa per questa grande ed inedita operazione di volontariato velico di Legambiente e Diversamente Marinai, che ripuliscono coste e spiagge e studiano il fenomeno del marine litter nell'Arcipelago Toscano. Infatti, d'ora in poi, i campi di Vele Spiegate, che si concluderanno a fine agosto, saranno costituiti solo da adulti e si spingeranno fino a Montecristo, Giglio, Giannutri e Formiche di Grosseto.
Il progetto Vele Spiegate, che vede come media partner greenreport.it. Elbareport, Il Tirreno e La nuova ecologia, è realizzato con il cofinanziamento del Parco nazionale dell'Arcipelago toscano, il patrocinio di Enea, Regione Toscana e Università di Siena, il sostegno dei main partner Acqua dell'Elba e Novamont e dei partner tecnici Esa, Esaom Cesa, Moby, TraghettiLines e associazione Albergatori Isola d'Elba.
Il giorno dopo Vele Spiegate ha salpato la mattina all’alba in direzione Pianosa. Circa 3 ore di navigazione per raggiungere l’ex Isola del Diavolo, il carcere di massima sicurezza trasformato in paradiso della natura dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. Durante il tragitto dall’Elba a Pianosa il Gwaihir ha censito il marine litter, avvistando fortunatamente pochi rifiuti galleggianti, che i volontari del Cigno Verde sono riusciti a recuperare abilmente con il retino.
«Questo è solo un piccolo assaggio di quello che ci aspettava Pianosa – spiega uno dei volontari provenienti da tutta Italia - Siamo davvero fortunati a poter visitare Pianosa, perché normalmente l'accesso è consentito solo con visite guidate contingentate o permessi speciali».
Una volontaria spiega che «L'isola, a partire dal 1858 , è stata utilizzata come colonia penale agricola e furono inviati sull'isola i condannati destinati ad occuparsi dei lavori nei campi, poi, negli anni del terrorismo politico e delle stragi di mafia, venne trasformata in carcere di massima sicurezza. L'attività in programma per oggi consiste nella pulizia di un tratto di costa di circa 200 metri, nella parte est, subito dopo il muro “Dalla Chiesa” e i resti della Villa Romana Una parte di noi volontari si è dedicata al beach litter e l'altra, alla classificazione della tipologia di rifiuti ritrovati in un'area campione. I rifiuti raccolti tra le rocce erano per la maggior parte cassette di polistirolo e bottiglie di plastica, probabilmente arrivati lì con le mareggiate, perché alcuni tratti di costa erano puliti. Non sono mancati però vetri catrame, e rifiuti galleggianti. In totale sono stati raccolti 20 sacchi colmi di spazzatura e ora un altro pezzetto delle coste di questo paradiso è nuovamente pulito».
I volontari sono rimasti affascinati dal silenzio e dai colori tropicali del mare di Pianosa, purtroppo ancora violato da qualche bracconiere e furbetto, che nasconde una delle biodiversità più intatte e ricche del Mediterraneo. «E’ stato duro lasciare quest’isola magica e capiamo perché tanti se ne innamorino a prima vista – conclude una ragazza – ma ci aspettano altro mare, altre isole e… altri rifiuti».
Il Gwaihir è ritornato all’Elba per concentrarsi sull'inquinamento dei fondali marini.
Un volontario racconta che «Con questo obiettivo ci siamo mossi lungo la costa sud-occidentale dell'Isola d'Elba, fino allo scoglio dell'Ogliera, una magnifica spiaggia di Pomonte, dove sul fondo è adagiata una vecchia nave mercantile naufragata 45 anni fa e rimasta lì per essere osservata dai turisti di oggi. Anche noi ci siamo tuffati, ma con l'obiettivo di osservare quanti rifiuti rimangono impigliati nelle praterie di Posidonia e nei fondali rocciosi».
Una volontaria aggiunge: «Abbiamo trovato maschere, pezzi di gomma, bottiglie: purtroppo oggi è sempre più raro immergersi in un ambiente marino incontaminato. Ovunque, nei fondali da noi battuti, anche e in navigazione abbiamo trovato le tracce dell'uomo, soprattutto residui plastici (cassette di polistirolo, bottiglie, etc.)».
Marco Marmeggi di Diversamente Marinai spiega che «Con l'attività di Marine Litter il rifiuto viene individuato e ne viene registrata la posizione mediante l'utilizzo del GPS, catalogato al fine di poter utilizzare il dato per scopi scientifici. Quando i rifiuti sono di grandi dimensioni ci si avvia anche al recupero in mare. in navigazione verso l'Ogliera abbiamo recuperato 4 bottiglie e 2 cassette di polistirolo. Questa inoltre è stata la prima settimana del progetto dedicata agli adulti, le precedenti quattro settimane del campo sono state dedicate ai ragazzi dai 15 ai 17 anni, i dati rilevati dai ragazzi in formato cartaceo in queste settimane, vengono convertiti da noi adulti in formato elettronico, per un utilizzo ulteriore e successivo».
Il giorno successivo si cambia nuovamente direzione per raggiungere l’altro versante dell’Elba, quello di nord-est che guarda al Canale di Piombino. «Alla fine - dice una volontaria - siamo giunti alla Rivercina, una piccola spiaggia dell'Elba raggiungibile solo via mare, un minuscolo paradiso terrestre che si apre su 198 metri di costa e ancora una volta l'Elba ci ha affascinato e stupito con una nuova meraviglia: rocce e sassi multicolori».
Dopo un momento di contemplazione i ragazzi col Cigno Verde hanno ripreso le loro quotidiane attività di beach litter: «É stato effettuato un campionamento di rifiuti su un transetto ben definito della Rivercina - spiega uno di loro - recuperando per la maggiore parte rifiuti plastici, un altro gruppo si è dedicato alle attività normali di recupero nel resto della spiaggia. In questo luogo così appartato erano presenti pochissimi turisti ma ben volenterosi di sostenerci nelle nostre attività e nella fatica che la raccolta comporta con l'avanzare delle ore calde. Hanno ascoltato pazientemente le nostre spiegazioni e hanno promesso di farsi portavoce della nostra battaglia».
Le ultime miglia di navigazione del sesto campo di volontariato hanno portato l'equipaggio di Vele Spiegate a Palmaiola, l'isola "proibita" sovrastata da un misterioso faro bianco che domina il canale di Piombino. Un isolotto che il Gwaihir aveva sfiorato il giorno prima, guardando da lontano l'altro scoglio verde di Cerboli, sorvolato da centinaia di gabbiani e oggetto di mire edilizie che per fortuna non si sono concretizzate grazie alle battaglie di Legambiente. «Siamo sbarcati a Palmaiola ammirando l'acqua dai mille colori che ci circonda - dice una delle volontarie - Una volta a terra abbiamo iniziato la salita verso il faro». I volontari di Legambiente e Diversamente Marinai pensavano di trovare un'isola dalla quale l'uomo si tiene alla larga, invece il mare a un certo punto era completamente assediato di barche e yacht dai quali qualcuno sbarcava anche a terra, nonostante Palmaiola sia Zona A di protezione integrale del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano. Palmaiola a terra è ben diversa dalla rotonda isoletta che si vede dai traghetti che portano i turisti da Piombino all'Elba: un volontario spiega che «In questo luogo, caratterizzato da ripidi scogli che danno direttamente sul mare, siamo costretti a limitarci a raccogliere i rifiuti che troviamo lungo il sentiero; il bottino sarebbe stato misero se non fosse per il materiale che troviamo intorno al faro. Fa caldo, ma la vista di un mare con scorci tropicali e questa piccola isola bellissima ci fanno sentire come pirati nella loro Tortuga. Ma non siamo nei Caraibi, da qui si vedono le ciminiere spente di Piombino e l'Elba che stiamo per lasciare e che resterà un indelebile ricordo».