In questi giorni arrivano a Legambiente Arcipelago Toscano numerose segnalazioni della sporcizia, soprattutto sacchetti e bottiglie di plastica, accumulata lungo le strade dell’Isola d’Elba: uno strascico ormai usuale dell’invasione turistica di agosto. Ma quella plastica non piove dal cielo, se sono soprattutto i vandali continentali a buttarla in giro, sono purtroppo gli elbani a vendergliela.
Un affezionato ospite dell’Elba ci ha scritto: «Volevo segnalarvi ciò che probabilmente già ben sapete: all'isola d'Elba i commercianti (e soprattutto i fornitori) continuano ad aggirare la legge sui sacchetti di plastica. Dal panettiere (una volta si e una no), dalla verduraia, dal "pollo arrosto" del mercato... anziché servirmi la merce in sacchetti biodegradabili me la mettono in sacchetti (a volta trasparenti, tipo quelli della frutta nei supermercati, ma a volte anche bianchi) recanti la dicitura: "Confezionamento alimentari - ortofrutta e generi diversi. Imballaggio con funzione di involgente protettivo progettato per alimenti. Idoneo al contatto alimentare. Non idoneo per asporto merci". Fatta la legge trovato l'inganno. Servirebbero dei controlli a campione sugli esercizi commerciali e un po' di pubblicità sulle sanzioni cui i proprietari vanno incontro. La caratteristica che hanno tutti questi sacchetti (ed è per questo che ci vedo la responsabilità anche di produttori e fornitori), è che hanno i manici! E le dimensioni non sono tanto inferiori ai classici shopper. Insomma: un disastro!»
Infatti, come ha più volte denunciato Legambiente, a più di 5 anni dall’arrivo della legge che li vieta, i sacchetti di plastica continuano tranquillamente ad essere utilizzati. E pensare che l’Elba è l’isola dove la Provincia di Livorno – con l’entusiasta ma poco concreta adesione di Comuni e di Parco Nazionale, Esa ed Asa, Autorità portuale, Associazioni di categoria – lanciò nel 2010 - 2012 l’iniziativa “Elba Plastic Free” che prevedeva: «la riduzione della produzione dei rifiuti all’Isola d’Elba, con particolare riferimento agli imballaggi in plastica (bottiglie e buste), attraverso l’attuazione di alcune azioni dimostrative: fonti dell’Elba per la riduzione del consumo di acqua in bottiglie a perdere; Marchio “Meno rifiuti” per il pubblico esercizio, la struttura ricettiva e il negozio che applica buone pratiche di prevenzione dei rifiuti; Spesa Plstic Free, per promuovere l’utilizzo di shopper riutilizzabili- accompagnate da una specifica campagna di comunicazione rivolta a cittadini e turisti». Il tutto accompagnato da una «Campagna di comunicazione, Riduzione imballaggi, Riutilizzo prodotti invenduti, Vendita prodotti ecologici, Vendita prodotti sfusi o alla spina». Nessuno ha visto niente di tutto questo e, nonostante seminari e comunicati stampa, di Elba Plastic Free le istituzione sembrano averne perso persino la memoria.
Intanto, per quanto riguarda l’uso fuorilegge dei sacchetti di plastica, l’Elba sembra essere in linea con le più arretrate realtà italiane: nel 2016, su 26 campioni di bio-sacchetti analizzati dal Cnr in altrettanti punti vendita, ben il 23% evidenziarono la presenza di polietilene (PE), Parliamo di buste che al consumatore sembrano del tutto regolari e che i consumatori ritengono di poter riutilizzare per la raccolta dell’organico.
Per essere è conforme alla legge un sacchetto deve riportare la scritta “biodegradabile e compostabile”; deve avere la scritta dello standard europeo UNI EN 13432-2002; deve avere il marchio di un Ente certificatore. Un sacchetto non è conforme alla legge se riporta la scritta “biodegradabile”; se riporta la scritta “biodegradabile secondo il metodo UNI EN ISO 14855”, se sono presenti i simboli PE-HD, PE-LD, PE.
Come spiega la presidente di Legambiente Arcipelago Toscano Maria Frangioni, «Siamo di fronte a una frode nazionale, con risvolti di natura ambientale, che riguarda anche l’Elba, un luogo che dovrebbe essere all’avanguardia nella tutela dell’ambiente e dei consumatori/turisti». Eppure, il nostro Paese è stato il primo in Europa a mettere al bando nel 2012 i sacchetti di plastica, ma la miccia che ha innescato questo processo sono i comportamenti tutt’altro che virtuosi di commercianti e consumatori che vediamo anche all’Elba, dove i rifiuti abbandonati sulle nostre strade e spiagge sono diventati un grosso problema, come ha dimostrato anche la campagna Vele Spiegate di Legambiente e Diversamente Marinai. Certo, le bioplastiche non risolvono il problema dell’inquinamento visivo a terra e a mare, ma il loro impatto ambientale è ridotto e non prolungato nel tempo, visto che i sacchetti bio si degradano molto prima di quelli tradizionali.
Secondo la campagna #unsaccogiusto di Legambiente e Coop21 «Metà dei sacchetti in circolazione in Italia sono illegali, il valore perso dalla filiera legale è di circa 160 milioni di euro, a cui si devono aggiungere 30 milioni di euro di evasione fiscale e 50 milioni di euro per lo smaltimento delle buste fuori legge».
Per cambiare le cose basterebbe stare attenti, informarsi, scegliere prodotti virtuosi, denunciare l’illegalità, fare la propria parte.
Chi acquista o vede un sacchetto illegale può segnalarlo a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Video Un Sacco Giusto
https://youtu.be/Y37vj28p53A