Una tavola rotonda come quella di Piombino con questo tema, specie con i tempi che corrono i nostri parchi, non passa inosservata. Se poi questo momento di riflessione tra istituzioni e comunità locali prende le mosse da uno studio dell’Università di Londra sulla base di una tesi di Laurea di una giovane ricercatrice italiana Anna Paterlini, presenti un esperto inglese di archeologia e un americano esperto di beni culturali, il piatto politico culturale si insaporisce non poco.
E così è stato perché si è trattato di un confronto serrato, ben coordinato da Luca Sbrilli presidente Parchi della Val di Cornia SpA, presenti l’assessore del comune di Piombino Dell’Omodarme e concluso da Rossana Soffritti Sindaco di Campiglia Marittima.
Cominciamo con il dire –ed è una prima specificità nel panorama regionale e forse anche nazionale, che un parco al plurale e per di più SpA è già una rarità. Si dirà – ed è vero – che non è tuttavia una novità perché questa esperienza è nota proprio per la sua peculiarità meritevole di attenzione, tanto che la Commissione ambiente del consiglio regionale toscano –gestione Martini- decise che in Val di Cornia su sarebbe istituito il quarto parco regionale.
La decisione finora non ha avuto seguito –come ha ricordato criticamente il sindaco di Campiglia Maritttima- né sembra che qualcuno al momento ci stia pensando e la lavorando, ma i Parchi della Val di Cornia ci sono e pensano al loro presente e soprattutto al loro futuro carico di problemi e di rischi al pari -se non di più- di tutti gli altri parchi anche non plurali.
Plurale che nel caso di questo territorio è connotato soprattutto dal suo patrimonio archeologico e paesaggistico oggi ancora frammentato e dove la presenza regionale avrebbe dovuto e dovrebbe giocare un ruolo importante, ad esempio, come è stato ricordato da Sbrilli da una ANPIL di un migliaio di ettari a San Vincenzo. ANPIL però che la nuova legge regionale sui parchi avrebbe dovuto e dovrebbe riconsiderare per renderle più raccordabili e integrate con la pianificazione e programmazione del territorio proprio per superare al meglio la frammentazione.
Ciò che è emerso ancora volta come ci ha ricordato anche l’amico inglese è che i parchi e le aree protette se non fanno sistema sul piano regionale e nazionale ed oggi anche comunitario non vanno da nessuna da parte.
E se sul piano nazionale noi non siamo mai stati così malmessi, non è che su quello regionale siamo messi molto meglio. Lo abbiamo visto ieri a Piombino, come poco prima l’avevamo visto in San Rossore.