Dopo che la farfalla di San Piero, l’ormai famosissima Zerynthia cassandra, ha conquistato le pagine di prestigiose riviste scientifiche e viene presentata a convegni internazionali, continuano le operazioni di salvaguardia del suo habitatat che per la sottospecie elbana è ridotto a pochi Km2 nel versante sud del Massiccio del Monte Capanne.
Come spiegano i biologi dell’università di Firenze (Ghisolfi, Bordoni, Cini, Lazzaro, Negroni, Benetello, Platania, Coppi, Foggi) guidati da Leonardo Dapporto nell’abstract dello studio che verrà presentato al simposio 2018 della Butterfly Conservation Unit, «Zerynthia polyxena è una specie di farfalla inclusa nell’annesso IV della direttiva habitat. La decisione si basa sul fatto che gli ambienti in cui crescono le poche specie di Aristolochia di cui questa farfalla si nutre sono in forte riduzione. Le popolazioni dell’Italia peninsulare rappresentano una specie distinta, Zerynthia cassandra, uno dei più importanti endemismi Italiani tra le farfalle. La Cassandra vive in due sole isole, l’Elba e la Sicilia, dove mostra linee genetiche distinte che a loro volta rappresentano quindi popolazioni endemiche. La popolazione elbana è ad alto rischio di estinzione poiché vive in una piccola area di circa 4 km quadrati soggetta a frequenti incendi e in gran parte fuori dal perimetro del Parco Nazionale».
Per questo il team di biologi dell’università di Firenze, Legambiente Arcipelago Toscano e le prime due ragazze (Adele Simoni e Veronica Malquiez) della Terza A del Liceo Scientifico dell’Istituto di Istruzione Superiore “Foresi-Brignetti” di Portoferraio che partecipano a un progetto di alternanza scuola- lavoro dedicato al Santuario delle Farfalle Ornella Casnati, hanno realizzato nei giorni scorsi il primo intervento su quest’area dove crescono le due specie di piante (Aristolochia rotunda e Aristolochia lutea) delle quali si cibano i bruchi della Farfalla di San Piero. I ricercatori evidenziano che «Le due piante preferiscono situazioni ambientali diverse tra quelle che si trovano in quest’area: macchia mediterranea, campi abbandonati, prati e margini di boschi di pino».
Nel 2017 il team di ricercatori ha portato avanti studi di campo per definire l’estensione esatta della popolazione elbana di Zerynthia Cassandra e ha identificato le caratteristiche delle piante ospiti e dei vari siti (stato vegetativo, irraggiamento, esposizione, distanza tra piante) che rendono possibile la deposizione delle uova e la crescita delle larve. Dapporto spiega che «I dati raccolti mostrano che le due specie di piante apportano un simile contributo nutrizionale e che la possibilità di ospitare larve dipende da una complessa combinazione di irraggiamento, stato vegetativo delle piante e vicinanza tra le medesime».
Sul suolo dell’area che va dal Campo sportivo di San Piero al Mulino di Moncione c’era ancora la neve caduta all’Elba qualche giorno fa, ma l’eterogeneo gruppo di lavoro di ricercatori, studenti universitari e liceali e legambientini pensava già a preparare la primavera e, armato di cesoie, roncole e falcetti, ha provveduto a ripristinare in alcune zone le condizioni ottimali per la crescita delle piantine di Aristolochia rotunda e Aristolochia lutea, dalle quali dipende la sopravvivenza della rara Farfalla di San Piero. Invece, su altri siti di “controllo” non è stato effettuato nessun intervento, per poter in seguito realizzare una comparazione tra la presenza e il numero di uova di Zerynthia Cassandra sulle piantine di Aristolochia tra i siti recuperati e a quelli dove non sono stati tagliati i rovi.
Le piantine di Aristolochia vivono solo in pochi e ridotti microambienti, la bella sorpresa è stata quella di trovare in mezzo ai rovi, accanto a una popolazione di Aristolochia super sfruttata dai bruchi di Farfalla di San Piero, un bel gruppo di piantine nutrici ricoperte dai rovi che sono state rese così accessibili alle farfalle. Una nuova concreta speranza per far crescere la popolazione di Zerynthia Cassandra.
Per Adele e Veronica è stata l’occasione per essere coinvolte in quella Citizen Science della quale avevano cominciato a sentir parlare durante il progetto Opin Elba nel loro gruppo di lavoro sul Santuario delle Farfalle e per vedere all’opera un gruppo di giovani scienziati (e uno studente che sta preparando una tesi proprio sulla Farfalla di San Piero) e per rendersi conto che il “mestiere” dello scienziato è fatto anche di lavoro sul campo per salvare la bellezza. Magari tagliando rovi per liberare una piantina che permetterà la nascita di magnifiche e rare farfalle, che a primavera voleranno nello splendido panorama tra San Piero e Moncione che qualche giorno fa era inondato di sole e di neve.