Devo dire che l’intervento della Fondazione Isola d’Elba sulle pernici e i fagiani a Pianosa mi ha molto stimolato. Dato che sono sempre profondamente autocritico, l’articolo mi ha fatto pensare che, complessivamente, come sistema dei parchi e mondo scientifico dobbiamo fare molto di più per informare e divulgare. Sfrutto questa occasione specifica per cercare di attenuare questa nostra carenza.
La mia nota è divisa in due parti, la seconda è un approfondimento più tecnico per chi è interessato a saperne di più sulle specie aliene.
La Fondazione esordisce dicendo che “è difficile comprendere le logiche protezionistiche” del Parco “che mette in pratica eradicazioni continue”. Come ho detto , la colpa della non comprensione è nostra, non siano riusciti a divulgare abbastanza le motivazioni di carattere scientifico e normativo che stanno alla base degli interventi tutti finalizzati alla conservazione della biodiversità. La eradicazione di specie alloctone è una delle operazioni a tutela della biodiversità più difficile e delle quali il Parco e il territorio dovrebbero andare più fieri. Per spiegare il perché a chi non ne conosce i motivi, rimando all’allegato tecnico. In modo “violento, maldestro e dannoso”? Non c’è nessuna violenza gratuita, le tecniche utilizzate sono quelle standardizzate e che prevedono, nell’ambito del raggiungimento dell’obiettivo, la minore sofferenza possibile per gli animali, privilegiando, come nel caso dei fagiani, la cattura e il trasferimento in aree a divieto di caccia, con l’obbligo di non cattura per almeno tre anni. Maldestro? Mah, noi ci facciamo aiutare e guidare dai migliori specialisti italiani in questa materia, ma se qualcuno ha dei consigli per svolgere queste attività in modo migliore, siamo sempre disponibili ad ascoltare. Dannoso proprio no, o almeno è ritenuto utile dall’Unione Europea che ha approvato e finanziato il progetto così come dall’Istituto Superiore di Ricerca Ambientale (ISPRA) che sovrintende e conduce le azioni di eradicazione.
La pernice rossa viene definita una specie “endemica, stanziale, tipica del centro Italia”. Di queste tre affermazioni una è giusta, una è sbagliata e una forse usata impropriamente. Quella giusta è che è una specie stanziale. Quella sbagliata è che è tipica del centro Italia, infatti l’areale della pernice rossa si estende dalla Gran Bretagna, alla Francia (Corsica compresa) alla penisola iberica fino a Gibilterra, alle Baleari.
Quella forse usata impropriamente è l’endemica. Infatti ogni specie ha un areale all’interno del quale è endemica. Però in termini di conservazione della biodiversità, ha un senso ed un valore quando questo territorio è piccolo, come spesso accade nelle isole. Per questo l’endemismo della famosa farfalla Zerynthia polyxena linnea, endemica dell’Isola d’Elba rappresenta un valore conservazionistico eccezionale. Mentre invece per il Capriolo che è endemico del Paleartico (dalle coste russe sul mar del Giappone a tutta l’Europa) l’endemismo così esteso non rappresenta certo un valore. Identico discorso per la Pernice rossa per la quale peraltro l’isola di Pianosa non fa nemmeno parte dell’area di endemismo dell’Europa occidentale.
Un “ceppo sano e nidificante”? Ma la Pernice rossa di Pianosa non è nemmeno tale. È una popolazione frutto dell’ibridazione con la Pernice orientale (Alectoris chukar), specie asiatica, come purtroppo è avvenuto a tante popolazioni italiane, con animali immessi da allevamenti a scopo venatorio.
Al di là delle inesattezze tecniche, che ci possono stare da parte di chi non è addetto ai lavori, non capisco perché il Parco dovrebbe utilizzare le analisi genetiche che dimostrano l’ibridazione come una “scusa”. Se contrariamente a come è la realtà le Pernici di Pianosa fossero pure, rappresenterebbero un patrimonio genetico eccezionale, ma purtroppo non è così. E poi se fosse una “scusa” quale sarebbe la motivazione vera che Parco, Unione Europea ed ISPRA avrebbero per eradicare la Pernice da Pianosa? Una perversa tendenza omicida verso alcuni animali? Ma per favore...
“Presenti a Pianosa da tempo immemore”. Arrigoni degli Oddi, uno dei massimi ornitologi del passato, nella sua “Ornitologia italiana” del 1929 scrive che la pernice rossa sia stata presente sull’Isola di Pianosa fino alla sua completa estinzione nel 1880(!). Gli esemplari presenti oggi sono il frutto di introduzioni, documentate, effettuate negli anni ‘80 del secolo scorso dall’istituto di Patologia aviaria dell’Università di Pisa, il quale immise sull’isola 10 coppie di pernici allevate. L’allevamento da cui furono prelevati gli individui immessi sull’isola si trovava in Umbria ed utilizzava come, quasi tutti gli allevamenti italiani dell’epoca, appunto ibridi con Chukar.
L’eradicazione di una specie aliena niente ha a che vedere con l’attività venatoria: nessun cacciatore vorrebbe eradicare dal proprio territorio una specie della quale va a caccia.
In definitiva mi sembra singolare che il nostro Parco venga rappresentato come una sorta di killer che si diverte ad eradicare specie. La moderna conservazione della biodiversità prevede si l’eradicazione delle specie aliene, soprattutto nelle isole, ma prevede anche le reintroduzioni delle specie autoctone. Personalmente ho avuto l’onore di ritirare il prestigioso premio “Panda d’oro” del WWF per il progetto di reintroduzione del Falco Pescatore, estinto come nidificante in Italia dal 1968 ed ora presente con tre coppie nidificanti. Se riusciremo ad avere riproduttori puri di Pernice rossa dopo l’eradicazione degli ibridi li potremmo reintrodurre proprio sull’isola di Pianosa dove sarebbero al riparo da nuovi “ inquinamenti genetici”
Comunque credo proprio che sia utile e necessario fare un incontro pubblico su queste tematiche al quale spero parteciperanno anche i rappresentanti della Fondazione dell’Elba, sarà un’ottima occasione di confronto e chiarimento.
Sono disponibile a incontrare la cittadinanza il giorno 27 febbraio prossimo alle ore 16,00 presso la sede del parco all’Enfola.
Allegato tecnico sulle specie aliene
Perché il parco dell’Arcipelago Toscano dedica molte delle sue energie all’eradicazione di specie animali e vegetali sulle isole che lo compongono?
Questi interventi riguardano esclusivamente le specie cosiddette aliene o alloctone.
Il grande pubblico non sa che le specie aliene sono la seconda causa di perdita di biodiversità nel mondo, dopo la distruzione dell'habitat, come certifica la più grande organizzazione mondiale di conservazione della natura, la IUCN. Una prestigiosa e seria associazione ambientalista, Birdlife International, ha scritto in un paper di pochi anni fa, che le specie aliene hanno concorso all'estinzione del 50% delle specie di uccelli che si sono estinte negli ultimi 500 anni (68 su 135) e che delle 179 specie minacciate in modo critico secondo la red list dell'IUCN ben 78 lo sono per lo stesso motivo (44%). Un documento a firma congiunta CBD(Convenzione per la diversità biologica)-IUCN del 2010 per la strategia per biodiversità 2011-2020 ricordava che " L'eradicazione delle specie aliene viene consigliata soprattutto nelle isole, dove le specie invasive fanno i danni più grandi alla fauna e flora autoctone, costituite in gran parte da endemismi, in tempi brevissimi”.
Infatti, delle numerose specie che si sono estinte negli ultimi 500 anni per effetto delle specie aliene, molte sono nelle isole. Dodo e Scricciolo di Schepers, solo per citarne due delle più famose. Una delle ultime, dichiarata estinta nel 2017 dall’IUCN, è stato il pipistrello dell’isola di Natale, a causa dell’azione congiunta di tre specie aliene, la formica gialla pazza, il serpente lupo e il gatto domestico.
Un recente articolo, pubblicato nell’ottobre scorso su Science Advances, evidenzia che, nonostante le isole nel mondo rappresentino solo il 5,3% delle terre emerse in esse si è registrato il 61% di estinzioni negli ultimi 5 secoli, e che tali estinzioni sono avvenute “soprattutto a causa delle specie aliene invasive”
Queste evidenze scientifiche hanno determinato una presa di coscienza delle istituzioni e l'Unione Europea ha emanato il regolamento 1143/2014 che vincola gli stati membri a prendere misure incisive nei confronti delle specie aliene: bloccare il commercio, il trasporto e il possesso, limitare la riproduzione e perseguire, quando possibile, l'eradicazione delle stesse. Gli stati membri dovevano attuare detto regolamento, l’Italia c’è arrivata di recente, con decreto del ministro dell’ambiente 230/2017.
Quindi cosa dice la scienza e cosa dicono le norme è abbastanza chiaro.
E veniamo alle pernici ed ai fagiani di Pianosa. Non è trascurabile evidenziare che il progetto che sta portando avanti il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano è stato approvato e finanziato dall’Unione Europea attraverso lo strumento finanziario Life che è destinato “ ...a progetti che perseguono l’obbiettivo dell’Unione europea di arrestare la perdita di biodiversità...”. Il progetto non solo ha visto l’approvazione tecnica dell’Istituto Superiore di Ricerca Ambientale (ISPRA) massima rappresentanza istituzionale italiana nel campo della ricerca ambientale, ma vede numerose azioni, tra cui proprio quelle relative all’eradicazione supervisionate e condotte direttamente dallo stesso Istituto.
Giampiero Sammuri
Presidente del PNAT