La prima foto (tra quelle pubblicate in calce all'articolo) è tratta dalla pubblicazione “Guida ai minerali dell'isola d'Elba e del campigliese”, di Giuseppe Tanelli e Marco Benvenuti, edita dai tipi dello storico Libraio di Portoferraio, nel 1998. Si riferisce all'officina della miniera di Sassi Neri. Questo piccolo cantiere di scavo ebbe una storia molto breve, pressoché un ventennio, tra gli anni '30 e agli '50 del secolo scorso. La sua limitata estensione lo ha sempre relegato a itinerario secondario nella scoperta dell'estrazione di ferro isolano, non fosse altro per la suggestione del laghetto artificiale venutosi a creare dai lavori di scavo.
Il suggestivo edificio quindi venne costruito nel periodo in cui le miniere elbane erano sotto l'amministrazione della Ferromin. Che qui realizzò quella bellissima iscrizione in cemento a lettere rilevate e colorate, campeggiante sul muro fronte mare. A quanto ci consta un unicum all'Elba. Anche ogni ingresso era sormontato da una scritta – oggi tutte perdute – in rilievo (compressore, deposito olio, etc.), per l'uso assegnato a ogni stanza.
La costruzione ha subìto rimaneggiamenti nel corso degli anni, con la trasformazione di alcuni ambienti, soprattutto magazzini, in una parte abitativa, a uso dei pochi cavatori destinati a questa miniera. Le stanze, sebbene spoglie, offrono ancora la spartana bellezza dei camini, del soffitto a travi lignee (da cui pende ancora la catenella di un lume a carburo – non c'è traccia di impianti elettrici), del lavabo alimentato da un corso d'acqua vicino, delle inferriate alle finestre.
La bellezza del complesso fece giustamente scrivere agli autori nella didascalia alla foto: “Un prezioso pezzo di storia da recuperare”. Chissà però se è questo lo spirito che anima chi ha messo mano al cantiere sorto vent'anni dopo intorno al “prezioso pezzo di storia”.
Non è che ci troviamo di fronte a un nuovo “caso Dormentorio”?
Andrea Galassi