Il Wwf si è chiesto quale sia lo stato di salute delle aree protette italiane e ne è venuto fuori presentando il “Check-up dei parchi Nazionali e delle Aree Marine Protette” che è stato presentato al ministro dell’Ambiente, Sergio Costa e che, spiegano gli ambientalisti, «E’ stato realizzato attraverso il metodo della Valutazione e prioritizzazione rapida della gestione delle Aree protette (Rappam), che offre ai gestori e ai decisori politici uno strumento per raggiungere l’obiettivo di promuovere un sistema vitale di aree protette (Aapp), consentendo una rapida valutazione della loro efficacia generale di gestione in un determinato Paese o regione.Il metodo RAPPAM, sviluppato dal WWF Internazionale (Erwin, 2003), è già stato applicato con successo in molti Paesi del mondo, tra cui alcuni stati europei, e si situa nell’ambito del sistema di valutazione sviluppato dalla Commissione Mondiale sulle Aree Protette (Wcpa). Il metodo Rappam è progettato per effettuare valutazioni a livello di un sistema di aree protette e può rispondere ad una serie di domande come: quali sono le principali minacce che le aree protette si trovano ad affrontare? Le risorse a disposizione delle aree protette sono sufficienti? Quali sono le urgenze di azione nelle diverse aree protette? Quanto le politiche nazionali e locali supportano una gestione efficace delle aree protette? Quali possono essere gli interventi strategici per migliorare il sistema?»
Le risposte a questa indagine, alla quale hanno partecipato tutti i 23 Parchi Nazionali attualmente operativi e 26 aree marine protette sulle 29 istituite, hanno portato ad alcune cifre non proprio esaltanti: «L’Italia, ogni anno, destina ai suoi 23 parchi nazionali 81 milioni di euro: 1 euro e 35 centesimi ad abitante, l’equivalente di un cappuccino».
Secondo lo studio del Wwf, «Il lungo cammino cominciato con la legge quadro sulle aree protette (la 394/91) è ancora ben lontano dall’essere completato e fra le principali criticità ci sono gli strumenti di gestione, la carenza di personale qualificato e di risorse disponibili per progetti di conservazione».
Il Panda evidenzia infatti che «I Parchi nazionali nono solo sono a corto di fondi, ma in carenzab anche di personale specializzato: nell’83% dei casi non hanno geologi e veterinari, nel 20% mancano di naturalisti. Più di metà dei parchi nazionali (15 su 23) non hanno nemmeno un presidente o direttore. Solo nel 30% dei casi è stato approvato in via definitiva il Piano per il Parco, e meno del 10% degli enti di gestione si sono dotati di un Regolamento. Le spese per le attività di monitoraggio e per i progetti di conservazione risultano entrambe inferiori al 10% del budget per la quasi totalità dei Parchi. In 9 parchi sono inferiori al 5%.
Le 29 Aree marine protette, poi, coprono solo 700 km di costa, lo 0,8% del totale e ricevono solo 7 milioni di euro all’anno di fondi. Questa situazione fa sì che la condizione delle specie e degli habitat in più del 50% delle Aree marine protette è uguale o peggiore rispetto all’esterno».
La presidente del Wwf Italia, Donatella Bianchi, ha ricordato che «Quello dei parchi nazionali e delle aree marine protette è un sistema che fino ad oggi ha consentito di proteggere una parte fondamentale del nostro capitale naturale ma che ad oggi non riesce a decollare. E’ necessario lavorare per affermare una regia generale in grado di coordinare e organizzare al meglio questo sistema che protegge porzioni essenziali del nostro capitale naturale. Le aree marine protette, poi, non possono continuare ad essere la “serie B” delle aree protette: devono diventare dei parchi marini a tutti gli effetti con pari dignità e considerazione rispetto a quelli terrestri. A questo scopo chiediamo che già dalla prossima finanziaria si avvii una sperimentazione su un vero e proprio parco marino».
Archiviata l’epoca dello scontro sulla riforma – non riuscita della Legge sui Parchi con il precedente governo a guida PD, ora il Wwf chiede al nuovo governo M5S-Lega e al parlamento «Una revisione della legge sulle aree protette (la 394 del ’91), per semplificare procedure farraginose e migliorare la governance in particolare delle riserve marine, ma anche un aumento di 40 milioni dei fondi, la nomina di manager competenti e non politicizzati per gli enti, l’istituzione dei parchi nazionali “sospesi” (Stelvio, Delta del Po, Gennargentu, Matese, Portofino)».
Il ministro Costa ha risposto che «La tutela e la conservazione della natura, della fauna e degli habitat nel sistema delle aree protette nazionali sono e saranno centrali nella nostra azione di governo. Per questo intendiamo agire subito, a cominciare dalle nomine, scegliendo i migliori profili a disposizione, attraverso un’ampia selezione di curricula evitando indicazioni di quelle persone che, a volte “un po’ troppo politicizzate”, non sono interessate a una vera svolta dei luoghi più importanti per la biodiversità in Italia. In questo, chiedo la massima collaborazione alle regioni per le intese. E’ solo il primo, ma importantissimo passo di trasparenza ed efficienza che vogliamo trasmettere per la governance dei parchi. Voglio buoni manager ambientali, di cui non mi interessa il “colore” ma il livello, che deve essere alto. Vorrei persone in grado di saper spendere le risorse a disposizione su progettualità concrete».
Costa ha anche annunciato che intende istituire velocemente tutti i parchi in itinere e che, d’intesa con le regioni, ne vuole istituire altri, insieme ad altre Aree marine protette che devono crescere sia in numero che in risorse economiche disponibili. Vengono subito a mente l’Area marina protetta dell’Arcipelago Toscano che aspetta di essere istituita “solo” dal 1982 o il Parco nazionale delle Isole Eolie, oppure le Amp mai istituite del Vomero, Maratea e Maremma, o della trasformazione in Parco nazionale dei lattari e di Punta Campanella nel Parco Nazionale della costiera si Amalfi e Sorrento.
Costa ha aggiunto: «Inoltre, vogliamo accelerare il completamento della Rete Natura 2000, accogliendo anche l’appello del “Patto per l’ecologia”, nonché andare a colmare le carenze nella dotazione organica in quei parchi dove persistono lacune di personale specializzato. La fiscalità di vantaggio, poi, è un altro percorso che mi sta a cuore. Se i parchi ci consentono di mantenerci nel Protocollo di Kyoto e nell’accordo di Parigi perché catturano più CO2, è giusto riconoscere loro un elemento di soddisfazione. Per tutte le situazioni nelle quali è necessario un controllo ambientale chiederò che sia costituita nelle prossime norme la figura degli ispettori ambientali, che oggi in Italia non abbiamo e che è invece necessaria».
Sembrano superate anche le polemiche “tecnicistiche” sulla fallita riforma (o controriforma come la chiamava il Wwf) della legge sui Parchi e il presidente di Federparchi Giampiero Sammuri si è complimentato con il Wwf e la sua presidente Donatella Bianchi per il lavoro prodotto con il s check up sui Parchi nazionali e sulle aree marine protette.
Intervenendo alla tavola rotonda organizzata dal Wwf Italia sul check up dei Parchi e delle aree marine protette, alla quale hanno partecipato anche il ministro Costa, i Carabinieri, Legambiente e altri soggetti del mondo ambientalista, Sammuri ha rivendicato il fatto che «I Parchi e la e aree protette italiane hanno fatto tanto in tema di conservazione e tutela della biodiversità, così come sulle questioni legate allo sviluppo ecosostenibile. Potevamo e possiamo fare di più. Per questo ritengono che vadano fatti alcuni aggiustamenti in termini di normativa, procedure e risorse. Tra i vari punti da affrontare mi limito a due esempi: il piano deI Parco e le risorse. Come lo stesso Ministro Costa ha affermato, sono pochi i Parchi che hanno adottato il Piano, ma non è colpa dei parchi, ma di procedure complesse e tortuose che spesso, dopo un lungo iter, riportano gli enti al punto di partenza. Serve una semplificazione per mettere in condizioni gli enti gestori delle aree protette di dotarsi dei piani attuativi, strumenti importanti per la programmazione. Vi è poi il tema delle risorse legato, in particolare, al personale soprattutto di carattere tecnico. I Parchi devono potersi dotare delle figure necessarie per funzionare al meglio: biologi e naturalisti, agronomi, forestali, geologi, veterinari; sono tutte competenze fondamentali per le attività di un parco e vanno inserite nelle piante organiche e assunti. Così come serve una maggiore flessibilità nell’utilizzo delle risorse per gli enti gestori».
Anche Sammuri ha messo una pietra sopra alle polemiche del passato e ha concluso: «Questi interventi si possono realizzare facilmente, insieme ad altre piccole revisioni della normativa, al fine di avere un sistema delle aree protette più efficiente ed efficace, in grado di affrontare le sfide del futuro e di dare risposte adeguate alla loro missione: garantire la tutela della natura e della biodiversità cercando il giusto equilibrio con le comunità e i territori».