Dopo la campagna scientifica per fare l’inventario della Plastisfera nel 2017, il programma Pelagos Plastic Free, un progetto di Legambiente e dell’ONG francese Expédition MED, finanziato dal segretariato del Santuario internazionale dei mammiferi marini Pelagos con il contributo di Mareblu, Novamont, Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, Parco Nazionale delle 5 Terre, UniCoop Firenze, nel 2018 ha valutato i rischi di esposizione alla Plastisfera delle balene del Santuario Pelagos. La Plastisfera è il fine strato di microrganismi che colonizzano la superficie dei rifiuti plastici in mare.
A Expédition MED spiegano Che «Le grandi specie che si alimentano per filtrazione del plancton come la balenottera comune (Balenoptera physalus) ingeriscono nella stessa occasione delle microplastiche». Nel Mar Mediterraneo, che è l’1% della superficie e lo 0,3% del volume degli oceani globali vivono 20 specie di cetacei che rappresentano circa un quarto delle 83 specie di tutto il mondo, ma in questo piccolo mare chiuso e nei 23 Paesi rivieraschi passa il 25% del traffico marittimo e il 30% del commercio mondiale, ma anche il 30% del turismo globale. Il Santuario Pelagos, che si estende su 87.500 Km2 e che bagna 2.022 km di coste, è frequentato da 12 specie di cetacei, il 15% dei cetacei a livello mondiale ed Expédition MED dice che è «Una delle zone più inquinate del Mediterraneo, con delle misure di gestione largamente insufficiente».
I punti di prelievo di Pelagos Plastic Free sono stati scelti nelle aree di foraggiamento dei cetacei, dove le microplastiche si mescolano con il plancton di cui si nutre il Krill, i piccoli gamberetti che sono il cibo case delle balene. Il team di Expédition MED – Bruno Dumontet, capo missione, Tosca Ballerini, Laura Frère, Jéremy Mansui, Marion Philippon (scienziati a bordo)
L Amaral-Zettler, Ec Zettler, S Bruzaud, M Kedzierski, A Cincinelli, C Guerranti, L Pietrelli, A Aladame Ramirez, E Zambianchi, (collaboratori scientifici) – sottolinea che «Per la balena, ogni filtrazione di acqua di mare corrisponde a 71 m3 d’acqua, corrispondente potenzialmente fino a 3.000 frammenti di plastica ingeriti al giorno».
Ogni anno vengono sversate negli oceani tra gli 8 e i 20 milioni di tonnellate di plastiche e, in seguito ai prelievi iniziali di Expédition MED nel 2010, le prime stime hanno rivelato la presenza di 280 miliardi di microplastiche che galleggiavano nella parte neustonica – i primi 10 – 15 cm d’acqua – del Mediterraneo. «Nel Mediterraneo c’è il 7% dei 5.250 trilioni delle plastiche presenti nell’oceano mondiale – dicono i ricercatori – Questa densità può rappresentare, in alcuni luoghi, fino a 1,25 milioni di frammenti per Km2, cioè circa 4 volte più che nel North Pacific Gyre». Delle zone dove sono presenti queste alte concentrazioni di rifiuti si sovrappongono con le aree di alimentazione delle balenottere comuni.
Durante le due crociere 2017 Expédition MED ha effettuato prelievi in 193 punti della Plastisfera del Mediterraneo e nel 2018 il team di ricercatori ha realizzato: 60 prelievi con la rete Manta; 6 prelievi di acqua di mare; 20 prelievi in 4 porti; 20 prelievi in 4 fiumi. Tutti i campioni raccolti nel 2017 e nel 2018 contenevano plastica e nel 2017 il numero di frammenti di plastica variava da 0,2 a 7,70 per m2.
Per determinare la quantità dei frammenti di plastica è stata utilizzata una lente di ingrandimento binoculare e nel 2017 è risultato che il tratto di mare più inquinato era il sud del Mediterraneo, con una concentrazione di frammenti di plastica fino a 410,000 frammenti per Km2. E’ noto che una delle più alte concentrazioni di plastica in mare del mondo è nelle acque dell’Arcipelago Toscano, a nord dell’Isola d’Elba, tra la Corsica e Capraia ed Expedition MED nel 2018 ha analizzato anche quest’area, facendo tappa all’Elba a luglio per incontrarsi con i giovani volontari del progetto Vele Spiegate di Legambiente che per il secondo anno ha ripulito e catalogato i rifiuti presenti nelle spiagge dell’Arcipelago Toscano.
I ricercatori ricordano che «I rifiuti plastici dispersi in mare possono contenere dei prodotti tossici derivanti dal processo di fabbricazione e possono assorbire i contaminanti organici persistenti presenti nell’acqua di mare. Poco tempo dopo essere arrivati in mare, il rifiuto di plastica è ricoperto da una fine pellicola organica (biofilm) composta di alghe unicellulari, di batteri, di invertebrati microscopici o di virus: questo vero e proprio ecosistema in miniatura, chiamato “Plstisfera” può anche contenere dei batteri del genere Vibrio, agenti patogeni per gli organismi. Può anche servire da supporto galleggiante per la fioritura di alghe tossiche».
Dopo ogni prelievo a mare realizzato dai ricercatori di Expedition MED un frammento colonizzato dai microrganismi è stato diviso in tre pezzi per determinare il tipo di polimero, analizzare la sua superficie con un microscopio elettronico a scansione, analizzare il DNA dei microrganismi, identificare i copepodi e i diversi tipi di diatomee. A Expedition MED spiegano che «L’analisi del DNA servirà a precisare a quale specie di gruppi biologici appartengono. Dei batteri del genere Vibrio sono stati ritrovati su dei rifiuti plastici galleggianti (Zettler et al 2013) e nei sedimenti marni (Frère, 2017).Le comunità di microrganismi presenti sui rifiuti sono diverse da quelle presenti nell’acqua di mare (Zettler et al 2013). Nella rada di Brest, I batteri del genere VIbrio sono più abbondanti sulle plastiche che nella colonna d’acqua (Frère, 2017)».
La ricerca è condotta in partneriato con i biologi Linda Amaral-Zettler ed Erik Zettler del Nederlands Instituut voor Zeeonderzoek (Nioz) che hanno scoperto la presenza di batteri del genere Vibrio su delle microplasiche nell’Oceano Atlantico e che hanno inventato il neologismo “Plastisfera” per descrivere questo nuovo habitat pelagico e le comunità di microrganismi che ci vivono. A Expedition MED fanno notare che «L’invasione biologica e batteriologica dei rifiuti plastici colonizzati da comunità batteriche potenzialmente pericolose per l’ecosistema marino e patogeni per l’uomo sta diventando un fenomeno inquietante. Secondo Zettler, «Questa Plastisfera si trasforma in una «barriera microbica” distinta dalle altre comunità biologiche ambientali e 30 minuti dopo il suo arrivo in mare un rifiuto plastico è colonizzato e se galleggia in un impianto di acquacoltura ha la possibilità di contaminarlo».
Expedition MED cerca di capire quanto la contaminazione da rifiuti plastici risale lungo la catena alimentare e quel che preoccupa di più sono i batteri Vibrio, conosciuti come vettori del colera e di altre malattie gastro-intestinali. I ricercatori olandesi hanno constatato che questi batteri possono riprodursi in grandi quantità e attaccare anche il sistema digestivo dei pesci e avvertono. «Questi minuscoli rifiuti plastici che invadono gli oceani e i mari del mondo rappresentano un grosso impegno per la ricerca ed è urgente indagare sui danni che sono in grado di provocare nell’ecosistema marino e negli esseri umani».
A Expedition MED ricordano che «La cattiva gestione dei rifiuti è la causa principale dell’inquinamento da plastica. Le zone costiere sono le più fortemente impattate, dopo un lungo percorso, provenienti dai bacini fluviali, trasportate dai venti e dai fiumi, i rifiuti plastici finiscono per arrivare sulle spiagge e in mare e la i maggioranza è originata dalle attività terrestri, ma anche marittime. A partire dalla selezione dei rifiuti domestici e dalle infrastrutture per la loro raccolta, dal trasporto al trattamento e al riciclaggio dei rifiuti, c’è un’intera filiera da rafforzare. Il progetto Pelagos Plastic Free mira a diffondere buone pratiche di gestione dei rifiuti nell’area del Santuario Pelagos, nei Comuni costieri e nell’entroterra. L’obiettivo finale è quello di sensibilizzare i comuni e le comunità interessate, con indicazioni per le amministrazioni, gli operatori marittimi e i cittadini, promuovendo buone pratiche di riutilizzo, riciclaggio e selezione per l’eliminazione dei rifiuti plastici in mare».